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Questo articolo è stato pubblicato il 15 ottobre 2014 alle ore 06:38.

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Le maxi promozioni condotte dall'industria di marca e dalle catene distributive frenano la corsa dei discount ma anche la crescita del marchio del distributore. Un autogol per la distribuzione moderna.
Nei primi sette mesi dell'anno le vendite delle private label hanno sfiorato, secondo i dati di Iri, i 10 miliardi: esattamente 9,672 miliardi che vale una quota di mercato rotonda, il 18 per cento. Peccato che segnali una variazione zero a valore e un arretramento dell'1,4% a volume. Peggio dei grandi gruppi che esprimono le marche Top 25: -0,6% a volume e -0,1 a valore.
Chi sperava in una marcia trionfale delle marche del distributore fino a una quota di mercato del 40-50%, come nel Nord Europa e in Gran Bretagna, è rimasto deluso. Almeno per ora.
Del resto non ci si poteva aspettare qualcosa di diverso: quest'anno industria e distribuzione investiranno 8 miliardi nel trade spending, cioè in tutte quelle iniziative (dalle promozioni, agli incentivi, al listing fee) per spingere il consumatore ad acquistare Dall'inizio della crisi si è pigiato sulla leva delle promozioni, tanto che lo scorso giugno la pressione promozionale (cioè la percentuale dei prodotti che presentano uno sconto o un bonus) ha raggiunto il record del 30%. Poi l'iperpromozione è scesa intorno al 28 per cento.
Anche la crescita dei discount rallenta visibilmente. «I negozi low cost crescono soltanto per le nuove aperture - commenta Marco Pedroni, presidente di Coop Italia -. A parità di rete perdono qualcosa o sono fermi».

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8 miliardi
Valore delle promozioni
Sconti, bonus, incentivi e listing fee per tenere sui consumi

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