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Questo articolo č stato pubblicato il 16 ottobre 2014 alle ore 09:21.
L'ultima modifica č del 17 ottobre 2014 alle ore 12:14.

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Riprende stamattina a Taranto e si avvia definitivamente davanti al giudice dell'udienza preliminare il processo “Ambiente svenduto” relativo all'accusa di disastro ambientale dell'Ilva sotto la gestione del gruppo Riva. Si avvia definitivamente perchč, dopo il verdetto della Corte di Cassazione dello scorso 7 ottobre, sarā appunto Taranto la sede naturale del processo. Gli avvocati dei Riva e di una serie di imputati avevano tentato di far trasferire il processo altrove appellandosi all'istituto della rimessione previsto dal Codice, sostenendo che troppi erano nella cittā pugliese i condizionamenti ambientali e psicologici creati dalla vicenda Ilva e che per questo non c'erano le premesse per un giudizio sereno ed equilibrato. Ma la prima sezione penale della Cassazione č stata di diverso avviso ed ha lasciato il processo a Taranto, posizione che ha visto favorevole anche il sostituto procuratore generale della Suprema Corte.

Dopo le udienze iniziali di metā giugno e metā settembre che hanno solo preso atto che sul processo pendeva appunto un'istanza di trasferimento e quindi rinviato tutto alla valutazione della Cassazione, oggi il gup Wilma Gilli č chiamata ad esaminare le tantissime richieste di costituzione parte civile annunciate al processo. Č un numero imponente che rimanda a richieste miliardarie. Solo il Comune di Taranto ha chiesto giā dall'udienza di giugno 10 miliardi di danni per le emissioni inquinanti dell'Ilva. Eppoi ci sono tutti i movimenti ambientalisti, da Legambiente al Wwf al cartello tarantino delle associazioni Altamarea, i sindacati metalmeccanici, le organizzazioni degli agricoltori e dei mitilicoltori, la Regione Puglia, il Comune di Statte e il ministero dell'Ambiente. Giā nella richiesta di rinvio a giudizio formulata dalla Procura per 49 persone fisiche e 3 societā (Riva Fire, Riva Forni Elettrici e Ilva), sono individuate 286 parti lese, prevalentemente cittadini che risiedono nel quartiere Tamburi, a poche centinaia di metri dal siderurgico, e quindi, per l'accusa, maggiormente esposti alle conseguenze ambientali. E proprio perchč č rilevante il peso dei risarcimenti che si profilano che, nelle trattative in corso per la vendita dell'Ilva, si parla della costituzione di una new company, dove trasferire impianti, attivitā, personale e debiti industriali, e di una bad company cui invece accollare tutto il contenzioso.

La Procura, che a ottobre 2013 ha chiuso le indagini, chiede il processo per tutti i 52 coinvolti con varie ipotesi di reato (rispetto a mesi fa c'č una persona in meno, Emilio Riva, presidente del gruppo, morto a fine aprile). L'accusa pių grave pende sul capo di Nicola e Fabio Riva, figli di Emilio e proprietari dell'Ilva, dell'ex direttore del siderurgico di Taranto, Luigi Capogrosso, e dell'ex addetto alle relazioni istituzionali dello stabilimento, Girolamo Archinā, e di altri imputati: associazione a delinquere finalizzata al disastro ambientale. Chiesto il processo anche per il presidente della Regione Puglia, Nichi Vendola, e il sindaco di Taranto, Ezio Stefāno. Il primo risponde di concussione aggravata in quanto i pm gli contestano pressioni sull'Arpa Puglia affinchč fosse meno intransigente nei controlli ambientali all'Ilva. Il secondo, invece, di omissione di atti di ufficio perchč, secondo l'accusa, si sarebbe limitato a denunciare alla Procura, attraverso esposti, malattie e decessi provocati presumibilmente dall'inquinamento dell'Ilva senza agire pur avendone i poteri essendo il sindaco autoritā sanitaria locale. Il processo giunge dopo una serie di azioni giudiziarie del pool dei pm, guidato dal procuratore capo di Taranto, Franco Sebastio, e del gip Patrizia Todisco sfociate in diversi arresti e sequestri. Tra gli arresti, quelli ai domiciliari per un anno di Emilio e Nicola Riva, mentre Fabio Riva č colpito da un'ordinanza di custodia in carcere emessa a fine novembre 2012 ma non eseguita perchč si č rifugiato a Londra dove attende l'esito del procedimento di estradizione intentato dall'autoritā giudiziaria italiana.

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