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Questo articolo è stato pubblicato il 17 ottobre 2014 alle ore 16:35.
L'ultima modifica è del 17 ottobre 2014 alle ore 20:10.

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Tutta Terni scende in piazza per difendere il sito delle Acciaierie speciali, «culla» della siderurgia italiana, oggi messo in discussione dal piano industriale di ThyssenKrupp, che prevede risparmi per 100 milioni anche attraverso un ridimensionamento dell'organico (la procedura di mobilità per 537 persone è stata già avviata dall'azienda nei giorni scorsi, immediatamente dopo il fallimento della mediazione proposta dal Governo).

Ieri migliaia di persone (13mila secondo la Questura), dopo gli episodi e le tensioni dei giorni scorsi, hanno sfilato pacificamente per le vie della città, fino al comizio in piazza dei tre segretari nazionali di Cisl, Uil e Cgil, Giuseppe Farina, Luigi Angeletti e Susanna Camusso. Quest'ultima, a conclusione della manifestazione, ha lanciato la proposta di uno sciopero nazionale della siderurgia, visto che «non c'è una politica industriale per un paese se non c'è una politica della siderurgia».

La vicenda di Ast, secondo molti osservatori, è emblematica proprio nel rappresentare questa distanza. Il sito siderurgico ternano è tornato di proprietà dei tedeschi nei mesi scorsi, dopo un limbo durato più di un anno, durante il quale i finlandesi di Outokumpu, che avevano comprato le attività da Thyssen nell'ambito dell'operazione Inoxum, ma che erano stati costretti dall'antitrust comunitario a rimetterele sul mercato, non sono riusciti a trovare una soluzione vantaggiosa (l'unica offerta in campo era quella della cordata Aperam-Marcegaglia-Arvedi) per cederlo. Evitato il fallimento dell'operazione Inoxum, l'obiettivo dichiarato dai tedeschi, fin da subito, è stato cercare un recupero di efficienza per riprovare, successivamente, la strada del mercato. Dopo una prima iniziativa unilaterale, messa in campo lo scorso agosto (mobilità e azzeramento dei contratti integrativi), la proprietà ha accettato di fare un passo indietro e di trattare con sindacati e Governo. Ma dopo un mese di discussione, la sintesi di Palazzo Chigi è stata respinta dalle parti interessate, e Ast (l'amministratore delegato è Lucia Morselli) è ritornata alla procedura di mobilità.

Ieri il segretario della Fim, Giuseppe Farina, duro contro l'azienda («comportamento arrogante, controparte rigida e spigolosa») ha puntato il dito anche contro il Governo. «Deve fare di più - ha detto –, non può solo mediare, ma deve intervenire su Thyssen e sul Governo tedesco». Luigi Angeletti, della Uil, ha invece «inaccettabile la perdita di produzione e di poti di lavoro. Non è possibile - ha detto - che solo in Italia le multinazionali dettino al governo cosa si deve fare». Susanna Camusso (sia lei che Angeletti al momento di prendere la parola sono stati brevemente contestati) si è invece chiesta «perchè il Governo non chiede all'Ast di fare i contratti di solidarietà. Sarebbe uno strumento per sostenere una fase di ampliamento del piano industriale, mentre sembra invece prevalere l'idea del progressivo smantellamento dell'acciaieria».

Le critiche del sindacato all'azione del Governo si susseguono dalla scorsa settimana, dopo il fallimento della proposta di mediazione al tavolo del Mise. Palazzo Chigi respinge però le contestazioni e conferma la volontà di volere tornare a trattare (in parallelo al tavolo attivato al ministero del Lavoro nell'ambito della procedura di mobilità). Ieri il sottosegretario allo Sviluppo Claudio De Vincenti ha assicurato che «incontrerà l'azienda e i sindacati per favorire la ripresa del confronto», chiedendo “senso di responsabilita” sia da parte dell'azienda che da part dei lavoratori e dei sindacati. I rappresentanti ai lavoratori chiedono un maggiore pressing sulla Germania (ai tempi della vertenza della Berco di Copparo, stessa proprietà e stesso amministratore delegato dell'attuale Ast, il Governo Letta aveva scritto all'ambasciatore tedesco in Italia), ma Palazzo Chigi intende ripartire dai punti fermi del documento di mediazione della scorsa settimana: mantenimento del secondo forno, mantenimento dei livelli di produzione degli ultimi 3 anni, trasferimento della linea produttiva di Torino, investimenti in innovazione di processo e di prodotto per 110 milioni di euro in 3 anni, sviluppo della rete commerciale di Ast ThyssenKrupp.

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