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Questo articolo è stato pubblicato il 21 ottobre 2014 alle ore 18:23.

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È uno dei mali della maggior parte delle aziende sane di medie dimensioni. Essere poco patrimonializzate, non avere una struttura managerializzata, non riuscire a crescere finanziariamente per colpa dell'identità familiare, che spesso resta tale per troppe generazioni. In Italia la cultura finanziaria è un'incompiuta, se non per grandi realtà, ma più il mondo si globalizza e più questa incompiutezza diventa un peso. In Veneto il 50% delle Pmi ha alla propria guida l'imprenditore “dominus”, ovvero il presidente-titolare che riveste in sé il ruolo di colui che si occupa di pianificazione finanziaria; nel 43,2% dei casi di analisi finanziaria, in misura inferiore di tesoreria (25%).

Il ricorso alla consulenza di personale interno, quasi mai specializzato, resta contenuto. Si sta diffondendo un monitoraggio degli indicatori finanziari come liquidità, margini, indebitamento, ma resta ostico e complicato, ad esempio, il rapporto con le banche: sono pochi i piccoli e medi imprenditori veneti che si affidano all'istituto di credito di fiducia per prendere le decisioni strategiche; la decisione è in capo ai soci (95,5%), mentre il parere più ascoltato è quello del responsabile finanziario (53,1%). Sono le conseguenze di un deficit di trasparenza reciproco nel rapporto banca-impresa: su tempi, pricing e rating da parte delle banche; su completezza delle informazioni da parte delle Pmi.

Alla luce di queste caratteristiche finanziarie delle Pmi venete, emerse da un'indagine effettuata su un panel di 44 aziende manifatturiere con oltre 15 addetti, nell'ambito del “Cantiere d'innovazione”, il progetto avviato dalla Regione del Veneto, attraverso Veneto Lavoro, in partnership con Confindustria Padova e Veneto Sviluppo per sperimentare nuove politiche attive per la reindustrializzazione e la tenuta occupazionale, l'ente si pone un obiettivo specifico e concreto: mettere in atto, entro maggio 2015, un modello sperimentale di “formazione-azione” che introduca nelle Pmi figure professionali interne o temporary manager in grado di apportare competenze finanziarie, in modo da accelerare l'evoluzione finanziaria e il ricorso a fonti alternative al credito bancario.

«La Regione Veneto ha sempre puntato su iniziative che consentano di intervenire su vari fronti prima che la crisi delle aziende sia troppo grave – ha detto Elena Donazzan, assessore all'Istruzione, Formazione e Lavoro -. In quest'ambito la Regione conferma di voler predisporre strumenti adeguati, che siano di tipo finanziario o di temporary management o di specifica formazione, per favorire in tutti i modi l'evoluzione finanziaria delle Pmi e preparare figure esperte al loro interno».

L'iniziativa rientra nel programma avviato da Cantiere d'innovazione per riconoscere sul nascere i sintomi di crisi e prevenirle, stimolare il cambiamento organizzativo delle imprese, la riconversione e il re-start. Ma anche per contribuire ad un cambiamento culturale del modo di fare impresa e un nuovo modello di relazione banca-impresa. «Stimolare il cambiamento delle imprese e una gestione finanziaria equilibrata – ha dichiarato Mario Ravagnan, delegato Confindustria Padova per il Credito e Finanza - significa rimuovere una delle prime cause di crisi aziendali e ricreare le condizioni per uno sviluppo sano. Ciò significa redditività sufficiente ma anche analisi dei costi e programmazione finanziaria, livelli contenuti di indebitamento, diversificazione delle fonti di capitale per restare sul mercato».

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