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Questo articolo è stato pubblicato il 25 ottobre 2014 alle ore 08:14.

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MILANO
Quattro su cento ci credono, tutti gli altri no. La già sparuta pattuglia di ottimisti sulle prospettive dell'economia italiana a ottobre si assottiglia ancora, spingendo verso il basso l'indice di fiducia delle famiglie. Per trovare un livello più basso dell'attuale (101,4) occorre tornare al mese di febbraio, cioè all'ultima rilevazione effettuata prima dell'insediamento del Governo Renzi.
Con l'eccezione di settembre - mesi in cui il dato era rimasto fermo - la discesa prosegue ormai ininterrotta da giugno, in parallelo con l'indebolimento progressivo di tutti gli altri indicatori, dal prodotto interno alla produzione, dai ricavi industriali all'export.
Il peggioramento dei giudizi sull'economia nazionale è solo uno dei tanti dati negativi registrati dall'Istat, perché a ottobre le famiglie vedono un po' più "nero" anche con riguardo alle prospettive future, all'evoluzione della propria condizione economica e della disoccupazione. Emblematico degli umori attuali è il dato sulle intenzioni d'acquisto di beni durevoli: a prendere in considerazione l'ipotesi di mettere mano al portafoglio è il 5,4% degli italiani; esattamente un decimo rispetto a quanti escludono tale possibilità. Una debolezza nei consumi che si riverbera ormai da tempo nelle stesse statistiche Istat, confermate ieri dalla rilevazione delle vendite al dettaglio di agosto. Scorrendo i numeri si trovano solo un paio di eccezioni: a fatica resistono discount e negozi specializzati mentre per il resto la lettura dei dati offre il quadro desolante ormai stabilizzato da tempo.
In termini mensili destagionalizzati l'indice cede lo 0,1% mentre in termini tendenziali la riduzione è particolarmente pesante, con un calo del 3,1% su base annua. Una frenata, la quarta consecutiva, equamente distribuita tra alimentari e non, più marcata per i negozi (-4,8%) ma presente anche nelle superfici maggiori, con un calo che sfiora i due punti per le realtà oltre i 50 addetti. La necessità di contenere le spese resta evidente nelle scelte delle famiglie, che continuano a sostenere i ricavi del canale discount, in crescita dello 0,4% nel mese. Anche qui, tuttavia, la debolezza dei consumi inizia a farsi sentire, perché il dato di agosto rappresenta un evidente rallentamento rispetto alla crescita del 2,2% realizzata dall'inizio dell'anno all'interno del canale low cost. Giovanni Cobolli Gigli, presidente di Federdistribuzione, considera «drammatica» l'estate dei consumi e chiede al Governo di procedere con la Legge di Stabilità realizzando tutte le misure annunciate nelle dimensioni tali da poter realmente incidere sulla situazione. «Ci auguriamo – prosegue – che questi dati siano uno spunto di riflessione per chi sta pensando a un futuro ulteriore aumento dell'Iva».
Scorrendo le categorie merceologiche dei prodotti non alimentari ad agosto non si trova un solo segnale positivo: il dato migliore è per i giocattoli, in frenata di un punto percentuale. I settori più penalizzati sono cartoleria, libri e giornali, elettrodomestici e informatica, con flessioni annue tra il 5 e il 6%. Va detto, tuttavia, che soprattutto nel settore non alimentare le rilevazioni Istat nel tempo leggono una realtà che inesorabilmente diventa sempre più piccola. Questo perché le vendite al dettaglio oggi sono minacciate non soltanto dal calo dei consumi ma anche dalla crescente canalizzazione dello shopping attraverso il web, area esclusa da questa misurazione statistica. Parte della riduzione degli indici è dunque legata al successo delle vendite online, arrivate oltre i tredici miliardi di euro (più del doppio rispetto al 2007), con tassi di crescita che procedono ancora oggi a doppia cifra.
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