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Questo articolo è stato pubblicato il 25 ottobre 2014 alle ore 08:14.

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Come ogni compromesso, anche l'accordo di Bruxelles sul clima lascia tutti un po' contenti e un po' scontenti. E ciò si ripete anche per le reazioni dall'Italia che – a parte l'entusiasmo dei politici – hanno toni agrodolci.
Ecco due voci istituzionali, il presidente del consiglio Matteo Renzi («Abbiamo trovato un buon accordo sul clima, siamo molto soddisfatti») e il ministro dell'Ambiente, Gian Luca Galletti, il quale ricorre alla brevità sincopata di Twitter per scandire: «Con accordo su clima Europa ha scelto di stare in prima linea: contro climate change e per ambiente driver di sviluppo e occupazione».
Il mondo dell'economia sa cogliere l'elemento di fondo: la difesa del clima e dell'ambiente dev'essere uno strumento di crescita. «Bene l'accordo politico raggiunto, ma ora è necessario puntare sulla competitività», commenta la Confindustria, la quale «esprime apprezzamento per il ruolo svolto dal governo italiano durante il difficile negoziato, per assicurare che gli obiettivi di sostenibilità ambientale siano perseguiti salvaguardando la competitività delle imprese». Secondo la confederazione «è positivo che sia stato accolto l'appello dell'industria europea ad adottare un unico obiettivo vincolante, quello relativo alla riduzione delle emissioni, lasciando flessibilità agli stati membri nella scelta delle soluzioni tecnologiche più efficienti ed efficaci». L'Europa non può essere lasciata sola nella lotta ai cambiamenti climatici e per questo motivo la Confindustria auspica che nella Conferenza di Parigi 2015 «si raggiunga un accordo per ristabilire condizioni di equità sul mercato internazionale, imponendo alle altre maggiori economie gli stessi obiettivi climatici dell'Ue» e vanno tolte le distorsioni di mercato e di competitività rispetto ai concorrenti europei e non europei.
L'industria dell'energia verde sperava in qualcosa di più forte. Agostino Re Rebaudengo, presidente dell'Assorinnovabili, pensa che l'Europa poteva fare meglio e auspica che il parlamento europeo possa ridare alla Ue «il ruolo di leader globale nella lotta ai cambiamenti climatici». Secondo l'Anev (settore eolico) la presidenza italiana «non è stata in grado di determinare un cambio di passo».
Chiedono una politica più incisiva sull'efficienza energetica l'associazione del condizionamento e refrigerazione Aicarr (gli obiettivi europei «in un quadro normativo confuso e contraddittorio come quello italiano di fatto ostacolano e rallentano la transizione verso un nuovo modello energetico») e Gianni Silvestrini del coordinamento Free («Incomprensibile timidezza sul fronte dell'efficienza»).
Piuttosto critiche le associazioni ambientaliste. «I prossimi mesi saranno cruciali per evitare le peggiori conseguenze di questa decisione – osserva Mariagrazia Midulla del Wwf – e la Ue dovrà rivedere i suoi obiettivi verso l'alto». E Vittorio Cogliati Dezza, presidente della Legambiente, nota che l'intesa di Bruxelles è «una grande occasione sprecata. L'Italia si è limitata a svolgere un ruolo semplicemente notarile». Per Luca Iacoboni di Greenpeace la lotta ai cambiamenti climatici «richiederebbe un trattamento shock, invece quello che l'Ue ci propone è una cura a base di sali». Per il movimento verde spicca Monica Frassoni, secondo la quale gli obiettivi «indeboliscono la politica climatica».
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