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Questo articolo è stato pubblicato il 29 ottobre 2014 alle ore 06:38.

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MILANO
Blitz contro la 'ndrangheta in Lombardia. Ieri i carabinieri del Ros hanno arrestato 13 persone tra Milano, Monza, Como, Vibo Valentia e Reggio Calabria, accusate a vario titolo di associazione mafiosa, detenzione di armi, intestazione fittizia di beni, riciclaggio di denaro, abuso d'ufficio, favoreggiamento, minacce e danneggiamento. I soggetti coinvolti sono uomini legati alla criminalità organizzata, ma anche politici locali dell'hinterland milanese.
Al centro delle indagini coordinate dal procuratore Ilda Boccassini ci sono due presunte cosche 'ndranghetiste radicate nel comasco, nelle cui mire c'erano ancora una volta i grandi appalti regionali, tra cui quelli delle opere connesse all'Expo, in questo caso toccate solo indirettamente.
Tra i vari nomi finiti nell'ordinanza del gip Alfonsa Maria Ferraro spiccano soprattutto quelli del boss Antonio Galati, che dal carcere di Monza riusciva comunque a impartire ordini ai suoi affiliati, e del nipote e del figlio aventi lo stesso nome, Giuseppe Galati, che eseguivano le indicazioni del capo famiglia. Ma emerge anche quello di Luigi Calogero Addisi, di origine calabrese ma con un lungo curriculum professionale in Lombardia: dal 2001 al 2009 è stato dipendente Inpdap e dal 2004 al 2009 consigliere di Cap holding, l'azienda che gestisce il servizio idrico in provincia di Milano; poi dal 2009 è responsabile degli acquisti e delle forniture nell'azienda autostradale Milano Serravalle, divenendo anche consigliere del Pd nel Comune di Rho. Prima del 2007 era membro di Forza Italia, per poi passare all'Udeur. Poi ha aderito al progetto politico dell'Ulivo per iscriversi quindi al Pd nel 2011. Le preferenze da lui ottenute sono sospette agli occhi della procura di Milano. Il politico locale, che in base alle intercettazioni intratteneva rapporti di fiducia con la famiglia Galati, è accusato di aver riciclato denaro per l'acquisto di un terreno e di aver votato a favore del cambio di destinazione d'uso per farne aumentare il valore.
Per quello che è noto ad oggi dell'inchiesta, le infiltrazioni non riguardano direttamente l'evento universale del 2015, probabilmente perché gli inquirenti hanno bloccato prima le iniziative delle cosche. Per ora si parla "solo" di un subappalto da 450mila euro all'interno della Tangenziale esterna ad Est di Milano, un'infrastruttura che complessivamente vale 2,1 miliardi. Non è un caso che si tratti di un subappalto: è qui che per le associazioni criminali, particolarmente attive nel comparto del movimento terra, è più facile inserirsi, trattandosi di affidamenti di secondo livello generalmente fuori dal controllo delle stazioni appaltanti.
La famiglia Galati è radicata sul territorio del Comune di Cabiate (Como) ed è una delle espressioni lombarde della cosca mafiosa calabrese di Mancuso. In base alla ricostruzione, Antonio Galati avrebbe pilotato l'esecuzione di lavori da parte delle società Skavedil e Edilscavi, riconducibili a Giuseppe Galati. In particolare è la Skavedil che riesce ad accaparrarsi un subappalto all'interno dei cantieri della Tangenziale Est di Milano. Formalmente la società appartiene e Gaetano Mangialavori e Domenica Montele, cognati di Giuseppe Galati, ma si tratterebbe di prestanomi. Uno degli aspetti più inquietanti dell'inchiesta è che, a quanto risulta ad oggi, la Skavedil avrebbe ottenuto la certificazione antimafia dalla prefettura, una sorta di "bollino di sicurezza" che permette di entrare nei grandi cantieri con una buona reputazione di fronte alle stazioni appaltanti.
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