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Questo articolo è stato pubblicato il 30 ottobre 2014 alle ore 09:27.

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La lettera è partita due giorni fa, e porta la firma di Raffaele Cantone, presidente dell'Autorità anticorruzione. Destinatario: la prefettura di Milano. Per la seconda volta l'Anac avvia così l'iter per il commissariamento dell'azienda vicentina Maltauro, relativamente all'appalto per le vie d'acqua di Expo, del valore di 42 milioni (su una base d'asta di circa 60), dopo un primo commissariamento relativo alla commessa sulle "architetture di servizio. Si aggiunge stavolta una seconda azienda, la Tagliabue, che faceva parte dello stesso raggruppamento di imprese.

Ancora un commissario
Era una decisione attesa. Adesso è stata formalizzata. Grazie al decreto sulle misure urgenti per la Pa, approvato la scorsa estate, d'ora in poi è possibile mettere sotto regime di tutela anche le imprese private, relativamente però al solo segmento di attività finito nel mirino degli inquirenti per corruzione e turbativa d'asta.
L'autorità competente è l'Anac, che se ne occupa insieme alla prefettura. Non basta tuttavia l'apertura di un fascicolo da parte di una procura, ma è necessaria anche un'ordinanza firmata da un giudice. Tutti requisiti presenti nel caso Maltauro. La prima volta è accaduto per la gara delle "architetture di servizio" del valore di circa 50 milioni: a maggio l'inchiesta sui grandi appalti della Lombardia ha portato all'arresto, fra gli altri, di Enrico Maltauro, il responsabile aziendale, di alcuni intermediari (tra cui l'ex politico Primo Greganti) più uno dei vertici della società di Expo, Angelo Paris, general manager delle costruzioni (adesso per tutti è terminata la custodia cautelare). Cantone ha deciso così il commissariamento parziale, istituendo un regime innovativo in Italia: non la tutela dell'intera azienda, ma di quel segmento di attività sotto inchiesta. Il commissario è il docente del Politecnico Armando Brandolese, si occupa di seguire i lavori della commessa, parallelamente al cda, congelandone gli utili e controllando le spese.
Ora per la Maltauro sta per arrivare il commissario-bis, stavolta per il terzo lotto delle vie d'acqua (il sistema di irrigazione del sito espositivo di Expo). Il principio sarà lo stesso. Si aggiunge in questo caso la Tagliabue, finita anch'essa nel mirino dei procuratori Claudio Gittardi e Antonio D'Alessio.

Il secondo atto
Quest'ultima iniziativa dell'Anac nasce dalla seconda "ondata" dello stesso dossier, che a metà ottobre ha portato ai domiciliari anche l'ex subcommissario all'Expo Antonio Acerbo, il consulente dell'azienda vicentina Giandomenico Maltauro e il direttore commerciale della Tagliabue Andrea Castellotti (divenuto poi facility manager del Padiglione Italia di Expo). Le accuse sono sempre corruzione (Acerbo avrebbe favorito le imprese in cambio di consulenze per il figlio) e la turbativa d'asta (l'aggiudicazione sarebbe stata dunque falsata).
L'iter dell'Anac, dopo le ordinanze di custodia cautelare firmate dal gip Fabio Antezza, è partito spedito. La prefettura di Milano dovrebbe ricevere in queste ore (o probabilmente lo ha già ricevuto) la lettera. Poi insieme penseranno al nome.

L'inchiesta sulla Tangenziale
Le indagini della procura di Milano, che hanno portato due giorni fa all'arresto di 13 persone collegate a due cosche della 'ndrangheta, hanno avuto nuovi sviluppi. In questo caso si parla di infiltrazioni criminali nei subappalti della Tangenziale esterna ad Est di Milano e non di un'opera direttamente collegata ad Expo. La Teem è tecnicamente "connessa" all'evento: non finanziata dalla società né gestita dalla stessa stazione appaltante, bensì presentata al Bie come una delle grandi infrastrutture che il paese si appresta a realizzare per il 2015.
Dagli accertamenti è stato rilevato che l'11 novembre 2013 l'azionista Consorzio costruttori Teem inviò alla prefettura di Milano la richiesta di informazioni antimafia. Quest'ultima, il 25 febbraio scorso, ha comunicato che nei confronti della Edilscavi e delle persone indicate «non emergono elementi relativi a tentativi di infiltrazione mafiosa...e pertanto rilascia la certificazione». Secondo le indagini invece la società era gestita dal presunto boss Antonio Galati ed apparterrebbe al nipote, anche se formalmente intestata a Gaetano Mangialavori e Domenica Montele (peraltro suoi cognati). I pm dicono quindi che una società «direttamente riconducibile alla 'ndrangheta e gestita dal carcere da Giuseppe Galati è legittimamente presente sul cantiere Teem per avere vinto un appalto».

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