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Questo articolo è stato pubblicato il 30 ottobre 2014 alle ore 06:39.

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TORINO
Il caso degli extracosti sulla tratta internazionale della Torino-Lione, contenuti nei numeri del Contratto di Programma di Rfi 2012-2016 e svelati venerdì scorso da un articolo del Sole 24 Ore, è finito sui banchi della Commissione trasporti del Senato. Ieri, il senatore del Pd, Stefano Esposito ha chiesto e ottenuto un'audizione urgente con i vertici delle Ferrovie, il ministro alle Infrastrutture Maurizio Lupi e il ministero dell'Economia: la data fissata è il prossimo 11 novembre nel pomeriggio.
Secondo i documenti delle Ferrovie, l'investimento necessario e da reperire per costruire il tunnel di base, più le stazioni internazionali di Susa e Saint-Jean-de-Maurienne e i raccordi con la linea storica del Tav, non sarebbe di 8,3 miliardi come sempre dichiarato da Ltf, la società che progetta l'opera. Bensì di 11.977 milioni (quasi 12 miliardi). Stando così le cose, l'Italia - su cui grava secondo il trattato Italia-Francia del 2012 il 57,9% della spesa per i lavori - dovrà garantire (al lordo del probabile, ma ancora non certo, cofinanziamento da parte dell'Ue) la copertura di 6,9 miliardi (che salgono fino a più di 7,7 nel caso si aggiungano le spese della fase progettuale), contro i 4,8 miliardi ad oggi dichiarati.
«Previsioni ben lontane da quanto abbiamo sempre saputo e divulgato - commenta Stefano Esposito -. Dei contenuti dell'accordo di programma non era a conoscenza nessuno, men che meno il Parlamento. Pretendo una risposta chiara, credibile e certa sui reali costi della Torino-Lione. Quest'opera è al centro di un aspro dibattito e non intendo accettare che non ci sia totale trasparenza e chiarezza sulle cifre. Non mi accontenterò di spiegazioni tecniciste e burocratiche».
Una prima risposta, la scorsa settimana, era stata fornita in una nota ufficiale di Ltf, società di diritto francese controllata al 50% da Rfi e Rff, che spiegava come 8,3 miliardi sia il valore dell'opera calcolato sul versante francese a costi costanti (cioè fermi al 2012) mentre i 12 miliardi derivino da una rivalutazione con un tasso convenzionale del 3,50% applicata, in Italia e per legge, sul costo del progetto a vita intera. Nel nostro Paese, infatti, gli investimenti per le infrastrutture si stimano a costi correnti, aggiornati di anno in anno: l'utilizzo di un tasso che, specie alla luce della crisi, è lontano dalla realtà ha finito con il produrre una "stortura" nei costi dichiarati dalle Ferrovie.
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