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Questo articolo è stato pubblicato il 01 novembre 2014 alle ore 09:42.
L'ultima modifica è del 01 novembre 2014 alle ore 10:32.

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Fare del Piemonte la “Borgogna” d'Italia, esempio di una regione che a partire dal patrimonio vinicolo ed enogastronomico, è riuscita a innescare un processo ampio di rilancio dell'intero territorio. Con un asso nella manica in più rispetto ai cugini francesi: perché i paesaggi di Langhe-Roero e Monferrato sono stati ufficialmente dichiarati, dalla primavera scorsa, patrimonio mondiale dell'umanità.
È questa la suggestione rilanciata (perché non è la prima volta che se ne parla) dal vice ministro alle Politiche agricole, alimentari e forestali Andrea Olivero, cuneese di origini e questa mattina presente al convegno “I frutti del territorio”, organizzato da Confindustria Cuneo alla Filanda Ferrero di Alba, presenti alti esponenti del ministero e, in rappresentanza delle categorie, Confagricoltura,Coldiretti e Federalimentare. “Si tratta - spiega Olivero - di indirizzare bene le risorse che stanno atterrando in questi mesi, anche per effetto della programmazione europea. Al marketing puramente turistico, dobbiamo affiancare quello industriale e spingere le nostre aziende a investire in qualità e a vendere prodotti, che contengano in sè l'impronta del mondo che rappresentano”.
Proprio ieri, a Roma, il Consiglio dei ministri ha approvato le disposizioni attuative della nuova Pac, la Politica agricola comune, per ciò che riguarda la distribuzione dei fondi per i pagamenti diretti, cioè quelli destinati a sostenere le produzioni e la zootecnia, anno per anno. Si tratta di un pacchetto di 23 miliardi sul periodo 2015-2020 (rispetto a 27 miliardi complessivi, ma circa 4 miliardi sono già stati destinati al 2014). “Di queste risorse - prosegue Olivero - almeno 1,4 miliardi dovrebbero atterrare nella regione subalpina. In più, con il piano di sviluppo rurale, dovrebbero aggiungersi altri due miliardi, fra fondi regionali e comunitari, che vanno investiti pensando non al singolo progetto, ma in una scala più ampia, di sistema”.
Ad Alba, ha ribadito il concetto anche Giuseppe Blasi, capo dipartimento delle politiche europee e sviluppo rurale del Mipaaf: “Il mix di aiuti previsti coinvolge nel complesso sia le piccole che le grandi aziende - spiega -. La chiave comune della nuova programmazione è quella di fare leva sulla qualità e di premiare, ad esempio con i pagamenti diretti e ove possibile, chi oltre a fare quantità, investe nella sostenibilità e nel miglioramento dei terreni. Con ricadute dirette per tutto il contorno”.
Sul palco e in platea, alla Filanda Ferrero, anche moltissime aziende, dalla Centrale del Latte, alla Marchesi di Barolo, alla Saclà. In Piemonte l'agroalimentare conta, come comparto, 5mila e cinquecento imprese attive per oltre 40mila addetti. Con 21 prodotti dop e igp la Regione è al settimo posto in Italia nella classifica dei prodotti di qualità. La quota di export ha raggiunto nel 2013 un valore di 4,6 miliardi, con una crescita del 5,1% rispetto all'anno precedente. “Anche il comparto agroalimentare, come altri settori industriali - conclude Franco Biraghi, presidente dei Confindustria Cuneo - sconta oggi la difficoltà di fare impresa. Accanto agli aiuti economici, serve soprattutto la certezza di poter operare in un contesto di leggi univoche e certe, con meno difficoltà burocratiche da affrontare. Il sistema di controlli, pur riconosciuto fra i migliori al mondo, sconta problemi di coordinamento, con un aggravio notevole per le imprese. Incontri come quello di oggi servono a mettere tutti intorno a un tavolo, per confrontarci e ci auguriamo superare i problemi”.

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