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Questo articolo è stato pubblicato il 06 novembre 2014 alle ore 06:38.

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MILANO
Il Senato riprova a bloccare l'estrazione di petrolio dai giacimenti italiani. Intanto lunedì a Zagabria il ministero croato dell'Economia (ministarstvo Gospodarstva) ha aperto le offerte della gara bandita in aprile per assegnare 29 blocchi di fondale adriatico. Sono state ricevute offerte di sei compagnie per 15 bracci di mare. La firma dei contratti è attesa in primavera e poi cominceranno le trivellazioni a ridosso delle acque italiane. Zagabria non ha comunicato ancora i blocchi assegnati né le compagnie vincitrici, ma da indiscrezioni sembra che per investire sui 2,5 miliardi di dollari si siano fatte avanti (pare) Chevron, ExxonMobil, Shell, Total e forse anche compagnie petrolifere italiane. Maggiore interesse soprattutto (si dice) per i giacimenti di greggio di fronte a Molise e Puglia. Fra il Gargano e l'isola di Lagosta le acque croate attorno al roccione (ex italiano) di Pelagosa sono a vista d'occhio delle Tremiti e di Vieste. Ma punti ancora più addossati sono i giacimenti di gas fra Trieste e Monfalcone, dove le distanze fra le coste sono ridottissime, proprio là dove da una quindicina d'anni l'Italia ha vietato (a sé stessa) l'estrazione di 30 miliardi di metri cubi di metano per il timore che il loro sfruttamento possa far abbassare il sottosuolo sotto la cedevole Venezia, patrimonio dell'umanità e generatrice di incassi favolosi dal turismo.
«Il tema è per noi di assoluta rilevanza - avverte la senatrice Simona Vicari, sottosegretaria allo Sviluppo economico - poiché i blocchi insistono nel mar Adriatico, e lo stiamo quindi seguendo da vicino». Vicari ricorda le iniziative petrolifere intraprese da tutti i Paesi rivieraschi (Croazia, Montenegro, Albania, Grecia): «Non possiamo ignorare che i Paesi rivieraschi dell'Adriatico, e più in generale quelli Mediterranei, stiano agendo con decisione per valorizzare le risorse del sottosuolo marino, per incrementare la sicurezza energetica e diminuire i costi della dipendenza dall'esterno, e dobbiamo vigilare attentamente perché siano seguiti gli alti standard di sicurezza adottati dall'Unione europea e da tempo attuati dall'Italia. Stanti le ridotte distanze in gioco e la preziosità dei nostri mari, in un recente incontro a Zagabria abbiamo condiviso con i croati come la tutela dell'ambiente e la sicurezza siano i punti sui quali si deve necessariamente incardinare lo sviluppo economico offshore». Secondo la sottosegretaria, «il governo italiano sa bene che l'unico sviluppo economico possibile è quello ambientalmente sostenibile. Ed è quello che io riaffermo in tutti i colloqui bilaterali con gli altri Paesi. Il prossimo incontro Euromed che si terrà a Roma 19 novembre sarà un'importante occasione di approfondimento comune per i Paesi mediterranei». Su questo tema lavora anche il ministero dell'Ambiente; la settimana prossima a Livorno si terrà un confronto internazionale sulla sostenibilità nel Mediterraneo promosso dalla sottosegretaria all'Ambiente Silvia Velo.
Che dice la Croazia? L'annuncio di Zagabria è stato asciutto: «Za istraživanje i eksploataciju nafte i plina na Jadranu prijavilo se 6 kompanija», sei compagnie per la ricerca e lo sfruttamento di petrolio e gas in Adriatico. «Si tratta di società serie con vasta esperienza nelle ultime tecnologie e nel soddisfacimento delle norme ambientali più esigenti», ha commentato il ministro dell'Economia, Ivan Vrdoljak.
Potrebbero esserci conseguenze per il progetto di Terna per posare una linea sottomarina di alta tensione fra le Bocche di Cattaro (Montenegro) e Pescara. Il progetto, che potrebbe costare un miliardo di euro, prevede che il cavo traversi un centinaio di chilometri di fondali di interesse esclusivo croato, ma il governo di Zagabria dopo un primo via libera ha stoppato tutto in attesa delle ricerche petrolifere.
Mentre la Croazia pregusta gli incassi delle royalty, l'Italia va in senso contrario. Martedì il Senato con un ordine del giorno ha chiesto al governo di Roma un impegno contro le trivellazioni, ferme da anni e riaperte dal decreto Sblocca Italia. Le commissioni Ambiente e Lavori pubblici del Senato hanno approvato all'unanimità un ordine del giorno sul decreto Sblocca Italia per impegnare il Governo contro le autorizzazioni per le trivellazioni in mare. Si chiede la sospensione dell'estrazione di petrolio entro le 12 miglia dalla costa (finché non sarà recepita una direttiva europea sulla sicurezza delle perforazioni), di consentire agli enti locali della terraferma di esprimersi anche sulle acque nazionali e di alzare del 50% le royalty.
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