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Questo articolo è stato pubblicato il 07 novembre 2014 alle ore 11:26.
L'ultima modifica è del 07 novembre 2014 alle ore 11:26.

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Non ci sono dubbi sul fatto che la qualità sia motore di crescita per ogni settore produttivo. Ma è anche vero che l'artigianato “old style”, dove la qualità si coltiva con la sola sapienza delle mani, è una specie in via di estinzione.
In una delle città italiane più invase dalla paccottiglia low cost, Venezia, c'è spazio per ricredersi. Nell'intrico di calli e campielli preso d'assalto da oltre venti milioni di turisti l'anno, la bottega artigiana di Gabriele Gmeiner sogna di ampliarsi e diventare una piccola impresa al femminile. Dietro le sue vetrine d'altri tempi, in Campiello del Sol, realizza scarpe su misura destinate a un pubblico facoltoso e di nicchia, che chiede calzature rigorosamente fatte a mano. Gabriele Gmeiner, di origini austriache, ha aperto la bottega nel 2002, cogliendo i vantaggi di un finanziamento a fondo perduto previsto dalla legge Bersani per i giovani imprenditori. Oggi produce dalle 35 alle 40 paia di scarpe all'anno, su commissione di clienti in prevalenza stranieri. “Solo l'anno scorso, dopo oltre un decennio di attività, ho lavorato per un cliente veneziano”, racconta Gmeiner. I suoi prodotti di lusso sono Ferrari in versione calzatura: il prezzo di un paio finito, compresa la forma in legno e la scarpa di prova, va dai 2.700 euro più iva agli oltre 5 mila euro e per realizzalo ci vogliono 80 ore di lavoro. Ogni fase - dalla scelta delle pelli, alla realizzazione della tomaia, della suola e alle rifiniture - conta sul “fare a mano”.

Nel laboratorio di Gabriele Gmeiner, che ha lavorato con John Lobb e Hermès, non c'è nulla di tecnologico. Ogni attrezzo è al solo servizio delle mani: le sue, e quelle degli apprendisti che chiedono di lavorare al suo fianco. “Non è facile trovare giovani disposti a investire in questo mestiere – spiega l'artigiana – Io chiedo ai miei apprendisti di fermarsi qui per almeno due anni, altrimenti ogni sforzo è vano”. “Ho trovato persone in gamba, da quando ho aperto, ma il mio obiettivo è assumere stabilmente uno o due artigiani in grado di assicurare un buon livello produttivo”, aggiunge. L'ideale, per la bottega di Gabriele Gmeiner, sarebbe riuscire a produrre dalle 3 alle 5 paia di calzature al mese. “Il lavoro non manca, nonostante la crisi, ma per resistere bisogna consegnare entro i tempi e il lavoro di due sole mani non basta – continua – Il mio capitale è la manodopera e i miei investimenti si concentrano solo sull'abilità di collaboratori formati, ma non posso usufruire delle stesse agevolazioni previste per chi acquista nuovi macchinari”. “Nei prossimi mesi conto sulla collaborazione di due artigiane, due donne che, mi auguro, lavoreranno con me a lungo – spiega Gmeiner – L'unico modo per far crescere questa attività è aumentare la produzione, e quindi il fatturato, garantendo una manifattura al cento per cento artigianale”. A Venezia, città di grandi camminatori, l'artigianato della calzatura sembra essere una prerogativa femminile: Gabriele Gmeiner, con Daniela Ghezzo e Giovanna Zanella, è infatti una delle tre donne a realizzare scarpe su misura. Nonostante la crisi e l'invasione di un turismo incontrollato, il prodotto di nicchia e personalizzato vive un momento fiorente. La cultura della qualità e l'interesse per il prodotto al dettaglio si stanno diffondendo anche grazie ai social media e a una comunicazione fotografica che, dal cibo all'abbigliamento, esalta la bellezza. “È il momento giusto per investire nell'artigianato – chiude Gmeiner – confidando nella riscossa del Made in Italy che, seppur in sofferenza, ha ancora tutti i mezzi per imporsi nel mondo”.

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