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Questo articolo è stato pubblicato il 08 novembre 2014 alle ore 08:14.

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Ogni cosa è destinata a invecchiare, a maggior ragione ciò che fin dal nome si definisce “nuovo”. È questa la parabola del vino novello che dopo anni di vero fasto (ancora si ricorda l'euforia che circondava in Italia e in Francia la cerimonia del debouchage, della stappatura), è ora in inesorabile declino.
Un prodotto che si reggeva su una sorta di ossimoro – un vino nuovo all'interno di un settore nel quale la qualità è spesso legata alla capacità d'invecchiamento – che ora sta invece semplicemente passando di moda.
Il declino è tutto nei numeri elaborati da Iri Infoscan (la società che a livello mondiale monitora fra l'altro le vendite nella grande distribuzione) e riferiti all'Italia. Fra il 2010 e il 2013 le vendite di vino novello sono calate del 36,3% in quantità (passando da 4,4 milioni di bottiglie ai 2,8 milioni dello scorso anno) e del 29,2% in valore (il giro d'affari è passato dai 12,3 milioni del 2010 agli 8,7 dello scorso anno). Un trend peggiorato proprio nell'ultimo anno con una flessione che in soli 12 mesi è stata del 17,4% in quantità e del 13,8% in valore. Per il 2014 ancora non sono disponibili dati, considerato che il novello è in vendita dal 31 ottobre, quindi da una settimana. «Ma non mi stupirei – spiega Virgilio Romano, Client solution director di Iri Infoscan – se alla fine dovessimo registrare ancora una flessione in linea con gli ultimi anni».
E già spuntano le prime valutazioni sulle possibili cause di questo declino: dal prezzo medio elevato (oltre 3 euro a bottiglia) che si è rivelato un vero handicap in una fase di perdurante crisi economica, a una tecnologia di produzione (la macerazione carbonica) che ne implica il consumo entro massimo 4–5 mesi se si vogliono mantenere intatte le caratteristiche. Una tempistica di consumo che negli anni provocato più di un problema di gestione tanto alle imprese produttrici che alle catene della grande distribuzione. Il tutto senza dimenticare il sensibile ridimensionamento della produzione di vino made in Italy (Assoenologi stima che la vendemmia è calata dell'11% rispetto alla media degli ultimi dieci anni): anche così si spiega la minore propensione da parte delle aziende a riservare una quota produttiva a un vino che sul mercato registra un appeal in calo.
«Tutti quelli che non hanno mai digerito il “novello” – conclude Romano – ora diranno che finalmente si è sgonfiata una bolla. Archiviate le polemiche da "puristi" invece ritengo che le aziende non debbano sottovalutare questo fenomeno che rischia portare a un'ulteriore riduzione delle vendite di vino sul mercato interno. Mentre se si vuole mantenere un adeguato livello di consumi occorre individuare nuove tendenze e supportarle con adeguate azioni di comunicazione. Cosa che sul “novello” negli ultimi anni non è stata effettuata».
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