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Questo articolo è stato pubblicato il 08 novembre 2014 alle ore 12:55.

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Si apre un caso sulla delibera con la quale qualche giorno fa il Consiglio comunale di Taranto ha approvato il piano regolatore del porto escludendo però l'ampliamento del pontile petroli della raffineria Eni perchè è un'opera del progetto Tempa Rossa verso il quale il Comune, per ragioni ambientali, è contrario. La Provincia di Taranto chiederà al Comune di fermare la delibera perchè se il porto è uno dei punti chiave del rilancio economico di Taranto, è opportuna, prima di decidere, una valutazione condivisa tra istituzioni e parti sociali. È stato il presidente della Provincia, Martino Tamburrano, a porre il problema in un incontro al quale c'erano Comune, Confindustria, Camera di Commercio e sindacati. E quest'ultimi hanno intanto chiesto alla Prefettura di verificare se l'atto del Consiglio comunale può o meno determinare un effetto a catena bloccando gli altri investimenti. Una preoccupazione, questa, anticipata dai sindacati trasporti di Cgil, Cisl e Uil, per i quali “la delibera approvata con compiacimento ma con dubbia efficacia, serve solo a mettere ulteriormente in forse i tempi di realizzazione delle opere portuali e, in alcuni casi, la loro acquisita fattibilità”. Per i sindacati, “la decisione assunta, sia per il metodo, che per il merito, rischia di tracciare un solco profondo con il mondo del lavoro ed alimenta un clima di sfiducia tra la gente, che non vede più nell'istituzione Comune un interlocutore autorevole ed in grado di fornire risposte utili”.

La delibera comunale arriva in un momento particolare. È in corso, infatti, un confronto non facile tra Autorità portuale e azionisti della società Taranto container terminal (Hutchinson ed Evergreen) sul futuro dell'infrastruttura portuale. La società ha notevolmente ridimensionato la sua operatività a Taranto contestando la mancata realizzazione delle opere di ammodernamento attese da anni. Nell'incontro a Palazzo Chigi del 30 ottobre, presente il sottosegretario Graziano Delrio, si è deciso di accelerare i tempi ed arrivare ad un nuovo accordo per il terminal. Ci sarebbe la possibilità di completare i lavori alla banchina (già appaltati) entro dicembre 2015 anche se per ora la tempistica è articolata in due step: i primi 900 metri a fine 2015, i restanti 300 ad aprile 2016. Per il dragaggio dei fondali antistanti la banchina, invece, il 28 novembre si riunirà di nuovo la commissione tecnica che deciderà se l'offerta avanzata dall'impresa cui il lavoro è stato per ora aggiudicato provvisoriamente, è anomala o meno. Due le strade della commissione: o conferma l'appalto oppure lo aggiudica all'impresa seconda classificata. Il presidente dell'Autorità portuale, Sergio Prete, ha intanto inviato all'Unità di missione della presidenza del Consiglio i nuovi cronoprogrammi ma se sarà possibile giungere ad una nuova intesa con Tct è ancora da vedere. Gli azionisti del terminal, infatti, insisterebbero nel chiedere per la primavera del 2016 il completamento di tutte le opere, banchina, dragaggi e diga foranea, anche se per quest'ultima non c'è ancora la progettazione.

Il futuro del terminal è visto come un pezzo fondamentale dello sviluppo del porto e mondo dell'impresa e sindacati sono preoccupati che il no espresso dal Comune a Tempa possa avere una ripercussione negativa più estesa. Ora temuta anche per la raffineria dell'Eni. Il no alle opere di Tempa Rossa, infatti, arriva dopo quello espresso all'ammodernamento della centrale della stessa raffineria il cui progetto è stato poi “ritarato” con un altro più piccolo. E al Comune si muove l'accusa di non aver valutato sia le finalità della centrale nel progetto originario (l'autosufficienza energetica), che la rivisitazione degli interventi di Tempa Rossa (taglio più drastico alle emissioni: 64 tonnellate su base annua intervenendo sullo stoccaggio del petrolio in arrivo della Basilicata e sull'attività della stessa raffineria). Due no che potrebbero anche mettere in discussione la presenza dell'Eni a Taranto (500 diretti) considerato che appena qualche giorno fa l'ad del gruppo, Claudio Descalzi, ha detto alla commissione Industria del Senato che l'impianto è in perdita come tutto il settore della raffinazione.

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