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Questo articolo è stato pubblicato il 14 novembre 2014 alle ore 06:39.

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Settant'anni fa, «quando nove imprenditori anconetani costituirono l'associazione fra gli industriali della provincia di Ancona, la città aveva subito 180 bombardamenti in soli nove mesi», afferma il presidente di Confindustria Ancona, Claudio Schiavoni. Oggi non si contano le macerie, ma ci sono «1.453 aziende in provincia toccate da situazioni conclamate di crisi che coinvolgono 19mila lavoratori».
Confindustria Ancona (600 aziende associate per 35mila occupati, con un 80% fino a 50 dipendenti) ha celebrato ieri i suoi settant'anni di attività.
A quel passato ora corrisponde un presente altrettanto difficile. Non solo solo i numeri a dirlo, ma anche le percezioni: l'83% dei ragazzi di quarto e quinto anno delle scuole superiori intervistati pensa di dover lavorare all'estero. Se questo avviene in una delle regioni più manifatturiere d'Italia, dove la figura del "metalmezzadro" ha fatto scuola, il campanello d'allarme si sente, eccome. «Noi imprenditori siamo in prima linea e non molliamo», ha detto Schiavoni durante l'assemblea alla quale era presente anche il presidente di Confindustria, Giorgio Squinzi. Da qui l'invito a far fronte comune rivolto «alle organizzazioni sindacali chiamate a condividere con noi la transizione», ma anche «a istituzioni e pubblica amministrazione perché scoprano sobrietà, efficacia ed efficienza nel loro agire».
L'obiettivo è ambizioso, tanto più in una provincia che fra 2010 e 2013 è scesa dall'ottavo al 23esimo posto nella graduatoria nazionale del potenziale attrattivo (Ocse-Confindustria): «Puntare alla manifattura a valore aggiunto, la cosiddetta industria 4.0, figlia dell'integrazione delle tecnologie digitali nei processi manifatturieri».
E così, concentrandosi su «meccatronica, energia, biotecnologie per l'habitat», la spinta in questo senso potrà venire da «Ancona, punto di riferimento in campo nautico e navale»; «Jesi e con lei la Vallesina», terra di metalmeccanica prima e meccatronica poi, ideale per «una cittadella delle tecnologie in cui insediare stabilmente le cosiddette hi-tech small company provenienti anche dal resto d'Italia». A completare il quadro, un polo energetico a Falconara e la valorizzazione della domotica a Fabriano. Proprio qui, in quella che un tempo era la florida "Merlonia" e che ora «è il principale malato della nostra provincia» si comprende «come l'arrivo del gruppo Whirlpool sia stato sofferto. Guardiamone però il lato positivo. Fabriano può essere baricentro e fucina della definizione di standard internazionali sull'usabilità dell'elettrodomestico».
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