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Questo articolo è stato pubblicato il 14 novembre 2014 alle ore 06:38.

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BOLOGNA
Oltre 340 sportelli per le imprese e ne basterebbero sette o otto, punti di raccordo e decisione per tutte le funzioni. Una burocrazia opprimente, con tempi di evasione delle pratiche che superano nel 60% dei casi il limite consentito. Poi le infrastrutture che non decollano, con quattro miliardi di euro fermi per la Tirreno-Brennero, il passante Nord di Bologna, l'autostrada Cispadana e la bretella Campogalliano-Sassuolo: tutte opere già finanziate. L'Emilia Romagna è a un bivio, dicono gli industriali in vista delle elezioni che apriranno l'era del dopo-Errani, il 23 novembre. E deve rifondarsi, per fermare il declino. Il modello è la Germania per innovazione e ricerca applicata (con un unico organismo contro l'attuale frammentazione) e anche per la formazione, con una nuova stagione all'insegna di quella duale: alternanza scuola e lavoro. Ma prima di tutto il nuovo governo regionale deve dichiarare guerra alla burocrazia. «L'Emilia Romagna - dice il presidente regionale di Confindustria, Maurizio Marchesini - resta una delle prime regioni manifatturiere d'Europa. Ma dopo sei anni di recessione c'è bisogno di discontinuità. La situazione oggi è diversa e non possiamo affrontarla con la manutenzione ordinaria».
Tutto (o quasi) da cambiare. Per avere «una burocrazia del sì contro la burocrazia del veto», dice Marchesini. Per una spending review che elimini sprechi e liberi risorse per lo sviluppo, partendo da uno sfoltimento delle partecipate (quelle che fanno capo alla Regione sono 28, per una partecipazione di 253 milioni), dalla costituzione di una dote di 100 milioni da destinare agli investimenti delle imprese per sostenere anche le esportazioni, storico jolly del sistema manifatturiero della regione. Per arrivare, infine, a sbrogliare la matassa delle norme urbanistiche, un «groviglio inestricabile», aggiunge Marchesini, che non aiuta le imprese di costruzioni (la crisi dal 2009 ha provocato la fuoriuscita dal mercato di oltre 8mile aziende del settore) a imboccare nuovamente la strada della ripresa. Sullo sfondo delle idee e delle proposte degli industriali resta il grande interrogativo dell'affluenza alle urne: con il pericolo di un aumento dell'astensionismo a causa dell'inchiesta della Procura sulle spese dei consiglieri dell'Assemblea legislativa. Un rischio che preoccupa gli industriali emiliani al pari della possibilità che il territorio perda appeal agli occhi degli investitori esteri.
«Questo - dice il presidente di Unindustria Bologna, Alberto Vacchi - è un punto fondamentale. Il nostro territorio ha una attrattività forte soprattutto sotto il profilo delle competenze. Dobbiamo implementarla».
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