Storia dell'articolo
Chiudi

Questo articolo è stato pubblicato il 16 novembre 2014 alle ore 10:48.
L'ultima modifica è del 16 novembre 2014 alle ore 10:49.

My24

FIRENZE - L'industria italiana delle calzature fa appello al Governo per costruire il contesto favorevole allo sviluppo del settore (+0,6% il fatturato nel primo semestre, +4,5% l'export nei primi sette mesi) e al ritorno in Italia delle attività delocalizzate. Tanto più in un momento in cui il fenomeno del reshoring è in espansione a livello mondiale, e in cui l'Europa è chiamata alla decisione sul “Made in”, l'etichetta d'origine obbligatoria per i prodotti non alimentari che, oltre a identificare il made in China o il made in Taiwan, potrebbe dare linfa al made in Italy.

«Il “Made in” è un obiettivo fondamentale, che non ci possiamo lasciar sfuggire dopo che il Parlamento europeo nell'aprile scorso l'ha approvato con 485 voti favorevoli contro 130», ha sottolineato Cleto Sagripanti, presidente di Assocalzaturifici, nel convegno annuale dell'associazione che si è svolto ieri nel Salone dei Cinquecento in Palazzo Vecchio a Firenze. «La battaglia del “Made in” non è facile da vincere, ma confidiamo di portare a casa il risultato entro il semestre di presidenza italiana dell'Ue», ha rassicurato Luca Lotti, sottosegretario alla presidenza del Consiglio, rispondendo anche a Confindustria che aveva chiesto (si veda Il Sole 24 ore di ieri) un'assunzione di responsabilità al Governo. Anche se le insidie sul cammino restano molte, a partire dalla contrarietà della Germania e dei Paesi del Nord Europa. «L'Italia è impegnata fortemente per superare la situazione di blocco sostanziale che c'è in Europa sul “Made in”», ha ammesso il ministro del Lavoro, Giuliano Poletti.

Il “Made in” si affianca dunque alle leve che l'industria calzaturiera è pronta ad azionare per “il grande ritorno” (è il titolo dato al convegno fiorentino) della produzione in Italia. Un ritorno che è già cominciato, come ha messo in luce l'indagine a campione (presentata ieri) sulle strategie di rilocalizzazione delle attività produttive nel settore calzaturiero italiano, affidata da Assocalzaturifici a Uni-Club MoRe Back Reshoring Research group (formato da cinque Università italiane).

La ricerca rivela che quasi la metà (il 47%) delle aziende di scarpe che, soprattutto negli anni Novanta, ha spostato la produzione dall'Italia in Europa dell'Est o nei Balcani alla ricerca di costi più bassi ha rivisto (a partire dal 2010) la propria strategia con l'avvio di una rilocalizzazione. In molti casi (50%) la scelta è stata quella di rimpatriare l'attività (back reshoring) – scelta che ha riguardato soprattutto la fascia alta – guidati da un motivo-principe: il valore aggiunto che la clientela riconosce al made in Italy. «A fronte di una delocalizzazione diretta ad abbassare i costi di produzione, il rientro è dovuto fondamentalmente al maggior valore percepito», affermano i ricercatori.
Un valore messo in luce anche da un sondaggio sul sentiment dei consumatori verso le calzature made in Italy realizzato dallo Ispo di Renato Mannheimer: «Il valore del made in Italy è molto sentito tra buyer, consumatori e opionion leader – ha spiegato il sondaggista – oltre al fatto che il 65% dei consumatori lo considera un elemento di garanzia per la salute».

Che il made in Italy sia una bandiera da tenere alta lo ha ribadito James Ferragamo, direttore Prodotto pelle donna della maison di famiglia, che però ha ricordato «come, nel 2009, la svalutazione del dollaro avesse creato qualche difficoltà nel mantenere il made in Italy». A un'Italia che ha le potenzialità per diventare «la prima piattaforma europea del lusso, calamita di nuovi investitori» guarda il presidente della sezione Pelletteria di Confindustria Firenze, Franco Baccani, guida di un comparto che cresce a ritmi sostenuti. «Stiamo lavorando sulla tracciabilità della filiera, perché l'attrattività di un territorio passa anche dalla trasparenza e dalla legalità», aggiunge.

Al governo Sagripanti chiede di «approvare velocemente il Jobs Act»; di «andare avanti col taglio dell'Irap che per noi calzaturieri è fondamentale» e di «proseguire con gli sgravi fiscali per i neo-assunti, che potranno favorire anche il reshoring»; di «defiscalizzare il costo delle collezioni che rappresentano la nostra ricerca e sviluppo: ne facciamo otto-dieci all'anno e investiamo come il settore dell'automotive, circa il 10%, e dunque dobbiamo avere pari dignità». Infine il presidente annuncia l'allenza con Monte dei Paschi di Siena per aiutare le aziende a internazionalizzarsi. «Stiamo lavorando a un progetto per finanziare la filiera – conferma Fabrizio Viola, ad di Banca Mps – che prevederà non solo offerta di credito ma anche accompagnamento all'internazionalizzazione e aumento dell'equity che può sostenere l'impresa».

Commenta la notizia

Ultimi di sezione

Shopping24

Dai nostri archivi