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Questo articolo è stato pubblicato il 17 novembre 2014 alle ore 13:35.

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La partita del Sic, il Sistema integrato delle comunicazioni si riapre. L’ultimo atto, in ordine di tempo, lo hanno compiuto i grandi editori. La Fieg, che li rappresenta, è scesa in campo al fianco dell’Agcom, l’Autorità per le garanzie nelle comunicazioni, e di Confindustria Radio Tv, in opposizione a Google. Quest’ultima ha impugnato davanti al Tar del Lazio la delibera, la numero 397 del 2013, con la quale l’Agcom ha allargato la platea dei soggetti tenuti a comunicare i propri bilanci e quindi i propri fatturati all’Informativa economica di sistema. Attraverso la quale l’Agcom può calcolare, ogni anno, l’ammontare del Sic e delle relative quote dei vari soggetti.

Google ha impugnato la delibera che include nei soggetti all’obbligo le concessionarie di pubblicità sul Web e le società che operano sul mercato nazionale ma hanno sede all’estero, dove contabilizzano beni e servizi venduti sul territorio italiano. L’Agcom attua così la legge 103 del 2012 che, appunto, ha allargato le attività rilevanti ai fini della valorizzazione del Sic.

Secondo la Fieg, l’accoglimento del ricorso di Google da parte del Tar Lazio apporterebbe un vulnus «ai principi del pluralismo e della libertà dell’informazione», spianando la strada «all’acquisizione di posizioni dominanti sul mercato», dando un vantaggio a Google a scapito degli altri operatori, tra i quali gli editori associati alla Fieg, soggetti al complesso di regole nazionali e comunitarie.

Si dovrà ora attendere il Tar, ma dietro la richiesta di Google di annullare la delibera e l’opposizione degli editori televisivi e di quelli della carta stampata, si apre una nuova partita. Il mercato sta cambiando, si globalizza, offre prodotti al consumatore su una molteplicità di terminali in aggiunta al televisore e alla carta stampata. Il Web tende a inglobare tutti i media. Per sostenere la dimensione nazionale serve una politica di alleanze, di riassetto del sistema e delle dimensioni dei “campioni” nazionali.

Nessuno, per legge, infatti, può superare il 20% del Sic. Telecom Italia non può andare oltre il 10%. Quote approvate con la legge Gasparri, dieci anni fa, per non dover essere mai attuate viste quelle dimensioni dei mercati. Oggi servono dimensioni maggiori per competere. Quindi si ampliano i confini del Sic, anche per spostare il paletto, finora inutile e inutilizzato, verso l’alto. E chissà che anche la norma ad hoc contro Telecom Italia non finisca, più prima che poi, nel mirino dell’Agcom e del legislatore. Non si sa mai…

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