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Questo articolo è stato pubblicato il 19 novembre 2014 alle ore 07:56.
L'ultima modifica è del 19 novembre 2014 alle ore 08:23.

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I fili d'erba si sono congelati, la ripresa è rimasta un miraggio e ora resta solo un disperato bisogno di crescere. Ad un anno di distanza è evidente, a partire dal titolo, il cambio di tono del rapporto Einaudi sull'economia globale, analisi giunta alla diciannovesima edizione. Le tenui prospettive di sviluppo visibili a fine 2013 - spiega l'economista Mario Deaglio - si sono infrante anzitutto su un rallentamento dell'economia globale, in un momento in cui le crisi geo-politiche hanno reso complessivamente il mondo un luogo più complesso in cui fare business. L'Italia ha pagato dazio con un tracollo della domanda interna, con un calo dei consumi e una perdita di investimenti stimata nell'ordine dei 100 miliardi di euro. Metà di questa cifra è stata sì recuperata dalle imprese attraverso la crescita diretta estera ma il Paese non è stato in grado di fare altrettanto con i capitali stranieri.

Oggi - aggiunge Deaglio - il tasso di investimento netto nel Paese è diventato negativo, il che significa che non c'è neppure spazio per il mantenimento dell'assetto produttivo attuale. La discesa è stata brusca, dal 6% del 2007 fino al -1% odierno, sia perché i redditi d'impresa si sono progressivamente ridotti e si è dunque ristretta la propensione al rischio, sia perché oggi l'investimento si può realizzare ovunque nel mondo e l'Italia è solo uno delle tante opzioni a disposizione.

Che fare?
La ricetta del Centro Einaudi - che realizza da anni il rapporto in collaborazione con Ubi Banca - è anzitutto quella di riattivare il ciclo dei consumi riorientando il bonus di 80 euro varato dal Governo Renzi e restringendo la platea dei beneficiari ai giovani. Raddoppiando il compenso mensile dei giovani impegnati nel Servizio Civile Nazionale dagli attuali 433 euro, le risorse stanziate sarebbero ad esempio sufficienti per “occupare” 200mila giovani, strappandoli alla spirale perversa di disoccupazione e povertà e rilanciando per questa via anche i consumi interni. Dal lato degli investimenti il problema non sono le risorse - visto che l'Italia dispone di una ricchezza privata tra le più alte al mondo, (poco meno di 10mila miliardi tra ricchezza finanziaria e reale) ma soprattutto la fiducia. “Il nodo è proprio questo - aggiunge il presidente di Assolombarda Gianfelice Rocca - perché oggi siamo tutti a caccia di fiducia. Le risorse umane che abbiamo sono di elevata qualità, l'export continua a produrre il quarto avanzo manifatturiero al mondo, le ricchezze del paese sono evidenti. Ma è la fiducia lo scoglio, dobbiamo concentrarsi su quello che possiamo fare, non su ciò che manca”.

“Il momento è difficile - spiega il presidente del Consiglio di gestione di Ubi Banca Franco Polotti - e la classe media in Italia e in gran parte d'Europa si è messa in trincea. Se le aziende investono all'estero e i nostri giovani emigrano per cercare lavoro significa che l'Italia fatica ad attrarre risorse: noi dobbiamo provare ad invertire questo trend, la nostra classe dirigente non può e non deve cedere alla rassegnazione”.
Il ritorno degli investimenti - si spiega nel rapporto Einaudi - è però legato ad alcune condizioni di base, tra cui un cambiamento radicale del modello fiscale, mentre in termini settoriali occorre produrre ogni sforzo per rilanciare l'edilizia, comparto legato a doppio filo a decine di altri settori e senza il quale sarà difficile poter rivedere la ripresa. La crescita si è arrestata - conclude Deaglio - ma i fili d'erba ci sono ancora.

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