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Questo articolo è stato pubblicato il 19 novembre 2014 alle ore 13:03.
L'ultima modifica è del 19 novembre 2014 alle ore 17:50.

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Potrebbe sancire la fine del processo Eternit la richiesta di annullamento della sentenza per prescrizione, avanzata questa mattina in Cassazione, dal procuratore generale Francesco Iacoviello. Annullamento senza rinvio, per intervenuta prescrizione, dunque, per la condanna a 18 anni a carico del magnate svizzero Stephan Schmidheiny decisa dal Tribunale di Torino, in appello, con la sentenza del 3 giugno 2013. Il reato ipotizzato, disastro ambientale, è al centro delle due diverse letture: quella della Procura di Torino, con il pool di Raffaele Guariniello, accolta dai giudici del capoluogo piemontese sia in primo che in secondo grado, che rimanda alla interpretazione di disastro come reato in atto fino a che non vi saranno vittime dell'amianto; e la lettura, diametralmente opposta, fatta dalla procura generale presso la Cassazione, che prevede invece la prescrizione del reato e dunque l'annullamento della sentenza.

La multinazionale elvetico belga aveva in Italia il suo stabilimento simbolo a Casale Monferrato, con altre realtà però anche in Campania ed Emilia Romagna. Un passaggio delicato quello di oggi, mentre la sentenza della Cassazione è attesa la settimana prossima. Grande è stata l'amarezza dei familiari delle vittime di amianto in presidio a Roma, vittime stimate, per il periodo di indagine della procura di Torino in circa tremila persone, sebbene l'amianto continui a fare vittime per la gravissima contaminazione ambientale.

Nella requisitoria Iacoviello ha parlato apertamente di responsabilità dell'imputato per le condotte che gli sono state ascritte, ma la prescrizione è un atto di diritto sebbene, ha aggiunto il procuratore, «non risponda a esigenze di giustizia». Una lettura, quella di Iacoviello, che potrebbe sancire la fine del processo Eternit se fosse fatta propria dai giudici nella sentenza.

Sul banco degli imputati, a Torino, nell'appello era rimasto soltanto Schmidheiny, dopo la morte, a 92 anni, del barone belga Jean Luis de Cartier, anch'egli condannato in primo grado. La sentenza aveva riconosciuto le responsabilità penali dei vertici di Eternit non solo per i siti piemontesi di Casale Monferrato e Cavagnolo, ma anche per Bagnoli (Napoli) e Rubiera (Reggio Emilia). I giudici, oltre alla condanna, stabilirono risarcimenti danni per quasi 90 milioni di euro: 30,9 milioni per il Comune di Casale Monferrato, ad esempio, la città maggiormente colpita dalle patologie connesse all'esposizione all'amianto e in prima fila per le bonifiche, 20 milioni alla Regione Piemonte, importi minori a sindacati e associazioni. Trentamila euro invece furono riconosciuti agli ammalati di patologie correlate all'esposizione all'amianto e alle famiglie delle vittime di mesotelioma e di altre patologie gravi.

In questi mesi in centinaia hanno deciso di accettare la proposta di risarcimento offerta da Schmidheiny rinunciando a proseguire qualsiasi azione legale contro i vertici della multinazionale.

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