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Questo articolo è stato pubblicato il 20 novembre 2014 alle ore 06:38.

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Il Banco Brj, citato dalla cordata italiana Grifa come principale finanziatore dell'offerta per la fabbrica Fiat di Termini Imerese, ha una causa civile pendente in Italia. La banca brasiliana è stata citata per danni, nell'ottobre del 2013, da un gruppo di piccoli azionisti della Centrale Finanziaria Generale (Cfg); il Brj si era offerto a fine 2012 di acquistare le loro azioni ma aveva poi fatto marcia indietro all'ultimo momento, lasciandoli a bocca asciutta.
Vediamo come è andata: la Cfg ha come azionisti principali le Assicurazioni Generali con il 18,7%, le Acciaierie Valbruna (famiglia Amenduni) con il 18%, Allianz con il 7,7%, Ardesi con il 6,7% e la Bper con il 6,5% circa. Presidente è Giancarlo Elia Valori, e nel consiglio d'amministrazione siedono l'imprenditore Tarak Ben Ammar e il professor Paolo Savona. Le ambizioni iniziali – diventare una sorta di nuovo salotto buono della finanza milanese – sono state ridimensionate, e la situazione si è deteriorata, tanto che il bilancio 2013 (con oltre 9 milioni di perdite) non è stato ancora approvato. In questa situazione, una trentina di soci di minoranza – detenevano complessivamente 4,4 milioni di azioni, ovvero l'8% circa del capitale – ha ricevuto a fine 2012 tramite il presidente Valori una proposta firmata Banco Brj per rilevare i loro pacchetti a un prezzo complessivo di circa 4 milioni di euro. In realtà il meccanismo era piuttosto complicato: Brj proponeva di far acquistare le quote dall'italiana Sigi srl, controllata al 100% dall'italiano Marcello Gianferotti, società che sarebbe stata – scriveva la banca – «adeguatamente capitalizzata mediante misure che stiamo ponendo in essere». Gianferotti è procuratore del Brj anche nell'operazione Termini Imerese.
La lettera con la «proposta irrevocabile» di Sigi è arrivata a metà gennaio del 2013, e poneva la condizione sospensiva dell'adesione entro il 28 febbraio di soci per almeno 2,5 milioni di titoli (sui 4,4 del pacchetto). Secondo i soci che si sono poi rivolti al tribunale, il numero di adesioni raccolto e trasmesso al presidente Valori superava la soglia richiesta, ma Sigi e Gianferotti si sono defilati adducendo il mancato arrivo delle adesioni dei soci e la mancata autorizzazione del Banco do Brasil al Brj.
Risultato: cinque dei soci di minoranza hanno depositato un anno fa presso il Tribunale delle imprese di Milano una richiesta di risarcimento citando per danni la Sigi, il Banco Brj e la stessa Centrale Finanziaria Generale (i soci di minoranza hanno poi ceduto le loro azioni al gruppo Toti per una somma nettamente inferiore).
Dopo il mancato acquisto del Credito Sammarinese, nel 2011, e quello della quota Cfg del 2013, Brj torna adesso alla carica, a Termini Imerese, con un'operazione dal valore in teoria molto superiore: secondo la cordata Grifa i brasiliani dovrebbero contribuire con un investimento di 75 milioni di euro. Stavolta i fondi arriveranno davvero?
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