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Questo articolo è stato pubblicato il 26 novembre 2014 alle ore 12:17.

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La crescita delle energie rinnovabili riprenderà con vigore, anche dopo lo stop ai forti incentivi del passato. La tecnologia avanza, gli obblighi comunitari sulla decarbonizzazione si fanno più stringenti, le reti intelligenti promettono di amalgamare bene la scarsa programmabilità di eolico e solare. E così la generazione elettrica da fonti verdi diventa conveniente (lo è già) anche senza sussidi. Crescerà ancora, e molto. Anche se un buon parco di riserva di centrali tradizionali servirà inevitabilmente. Per fare da polmone, per garantire il delicato equilibrio del sistema elettrico.

Ma dove arriveremo? In pochi anni supereremo sicuramente il 50% strutturale di apporto delle energie verdi (siamo già a poco più di un terzo), con un'ulteriore salita che potrebbe però rallentare proprio a causa dei problemi di equilibrio del sistema elettrico. Fino ad avvicinarsi al limite strutturale: rispetto a 60 GW di richiesta elettrica di punta (ora siamo a circa 50 GW) serviranno comunque circa 10 GW di cicli combinati a gas per fare da polmone con almeno 5 GW di centrali in cosiddetta capacità flessibile, pronte a intervenire per riequilibrare il sistema in ogni momento. Ma a fare da padrone, anche nei prezzi del mercato elettrico, saranno comunque le rinnovabili.

Lo scenario, che conferma molte proiezioni degli analisti ma aggiunge qualche utile cifra, è tracciato dagli esperti e dagli operatori del settore radunati in un convegno dall'Associazione energia elettrica (Aee).

Difficile equilibrio
Il transito dell'intero sistema elettrico verso le rinnovabili è irreversibile, conferma Luigi Mazzocchi, direttore del dipartimento tecnologie di generazione dell'Rse, l'organismo pubblico di ricerca sul sistema elettrico. “Ma il termoelettrico - spiega - ha un futuro, per due ragioni. Per garantire l'adeguatezza la punta serviranno circa 10 GW di cicli combinati a gas. E per assicurare stabilità e sicurezza al sistema usare il parco termico è comunque l'opzione di minor costo”. A questo proposito serviranno appunto “5-6 GW di capacità flessibile” attraverso un mercato competitivo, con strumenti specifici di remunerazione che andranno ulteriormente affinati.

I vecchi incentivi per il fotovoltaico in corso di esaurimento - rimarca Agostino Re Rebaudengo, presidente di Assorinnovabili, “hanno già assolto il loro scopo, cioè avviare una filiera in grado di camminare con le proprie gambe. Ma per le altre tecnologie occorre ancora un accompagnamento. In tal senso attendiamo risposta dal governo, considerando anche che il Consiglio europeo ha raggiunto un accordo sui nuovi target al 2030” che prevedono un ricorso minimo del 27% alle rinnovabili sui consumi finali di energia. Scenario comunque favorevole, fa notare Re Rebaudengo: i costi delle tecnologie rinnovabili si sono ridotti negli ultimi anni e si ridurranno ancora. Il fotovoltaico è ormai “competitivo con l'energia fossile” e gli impianti eolici sono perfino “competitivi con il nucleare”, come dimostra il fatto che “i produttori inglesi riceveranno, sulla base di quanto concordato dagli investitori con il governo britannico, l'equivalente di oltre 115 euro a megawattora per 35 anni” mentre “gli impianti eolici italiani assegnatari negli ultimi mesi di incentivo tramite procedura competitiva di asta riceveranno una tariffa compresa tra gli 89 e 93,5 euro a megawattora per soli 20 anni”.

Carbon tax
In ogni caso – aggiunge il presidente di Assorinnovabili - se si considerano i costi delle cosiddette esternalità le rinnovabili sono già competitive rispetto alle fonti fossili”. Certo “per contabilizzare correttamente tali esternalità si dovrebbe introdurre a livello italiano e ovviamente europeo - si augura Re Rebaudengo - un sistema che tassi prodotti fabbricati con maggiori emissioni di CO2”. La carbon tax, che molti vorrebbero integralmente sostituire all'attuale sistema dell'emission trading, “permetterebbe di avviare un circolo virtuoso di sostenibilità ambientale” obbligando davvero “i paesi emergenti ad incentivare e rendere meno inquinanti loro processi produttivi” per evitare di essere appunto penalizzati.

Il convegno promosso dall'associazione energia elettrica ha anche riproposto la polemica sul ruolo dei trader di energia nel nostro mercato elettrico. Un ruolo - ha appena accusato l'amministratore delegato dell'Enel Francesco Starace in un forum con la redazione del Sole 24 Ore - largamente speculativo, che non apporta valore aggiunto ed drena impropriamente risorse. “I trader fanno da interfaccia tra i generatori al mercato. Possono assumersi il rischio di volatilità del prezzo dell'energia è anche quello degli oneri di sbilancio” afferma Michele Governatore, presidente di Aiget, l'associazione dei grossisti e dei trader di energia. Tutto ciò ”rende più bancabili gli impianti e permette - aggiunge Governatori - di allocare i rischi in modo trasparente a chi fa pagare di meno per prenderseli” mentre ”le alternative di forfettizzazione socializzata degli oneri degli sbilanci e di ritiro dell'energia a prezzo calmierato sono meno efficienti e trasparenti”.

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