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Questo articolo è stato pubblicato il 27 novembre 2014 alle ore 06:38.

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Il comparto dei servizi innovativi e tecnologici - che in inglese si chiama Kibs (Knowledge intensive business services) - è composto in Italia da 800mila tra grandi, medie, piccole e micro imprese; dà lavoro a 2,1 milioni di addetti; registra fatturati attorno ai 255 miliardi di euro complessivi; genera 110 miliardi di valore aggiunto, circa l’8% del Pil nazionale (dati di inizio 2014). Sono i numeri di una realtà trasversale - comprende aziende dell’Ict (software, cloud, outsourcing), dei servizi di progettazione e impiantistica, studi di ingegneria e consulenza, di comunicazione e marketing, società di servizi finanziari e per il credito, imprese della cultura, del gioco e intrattenimento e della formazione – che conta molto più di quanto si immagini e che, nel contesto di timida ripresa in atto nel Paese, può giocare un ruolo di primaria importanza per uscire dalla palude della recessione.

«Il nostro settore può trasformare la manifattura italiana nella “fabbrica 4.0”, renderla cioè sempre più digitale, sempre più ibrida e quindi competitiva - dice il presidente di Confindustria Servizi Innovativi, Gianni Potti -. Oggi l’apporto dei servizi all’interno del manifatturiero è del 40% del valore aggiunto; questo valore può crescere e, arricchendo la catena di montaggio di prototipazione, robotica, sistemi cloud, sensori, eccetera, può trasformare la nostra industria in una leva produttiva moderna e digitale».

Per raggiungere questo obiettivo e per creare una cultura d’impresa, «convinti che solo con l’integrazione di servizi e manifattura si esca più velocemente dalla crisi», è partito ieri da Ancona, provincia densamente manifatturiera, il road show “Fabbrica 4.0”, un viaggio fra i territori - il 4 dicembre sarà a Napoli e il 5 a Brescia, per concludersi a Roma a gennaio - fortemente voluto da Confindustria Servizi Innovativi e tecnologici, proprio per promuovere il progetto di integrazione tra i due settori industriali. Progetto che, corroborato dagli esempi concreti presentati davanti a una platea di 200 imprenditori - da Nero Notte, che fa pigiami e camicie su misura in digitale, ad Assosoftware, che ha elaborato una piattaforma sulla fatturazione elettronica e lo scambio documentale tra aziende -, prevede il potenziamento di reti d’impresa e partnership, con la fattiva collaborazione di Confindustria Marche: «Ieri abbiamo perfezionato la creazione di due reti d’impresa nelle Marche - spiega Potti - una nel turismo e l’altra nell’ambito delle smart city». Ma prevede anche azioni comuni con l’obiettivo ambizioso di accompagnare il manifatturiero a generare il 20% del Pil entro il 2020 (dall’attuale 16%) e poter poi accedere alle opportunità europee di sostegno nell’ambito di Horizon 2020.

Insomma, ancora una volta la parola d’ordine è «fare sistema», perché, come cita la ricerca presentata da Luca Beltrametti, docente di Economia all’università di Genova, «nel prossimo futuro tre fattori traineranno la crescita: l’outsourcing delle imprese che si focalizzano sempre più sul “core”; la tendenza a vendere sempre più servizi e soluzioni più che prodotti e beni; l’aumento dell’automazione». Tutte azioni nell’ambito dei servizi tecnologici.

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