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Questo articolo è stato pubblicato il 27 novembre 2014 alle ore 12:54.
L'ultima modifica è del 27 novembre 2014 alle ore 12:55.

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Il primo seno del Mar Piccolo di Taranto, uno dei luoghi dove l'inquinamento ha colpito di più, è sottoposto a videosorveglianza. Grazie ad un finanziamento del Pon Sicurezza pari a 500mila euro, il Comune di Taranto ha infatti installato 10 postazioni con 19 telecamere già attive. Obiettivo del sistema, è prevenire e contrastare tutti i reati ambientali: pesca di frodo, manomissione dell'habitat marino, sversamento in mare di sostanze inquinanti, prelievo di prodotti ittici contaminati. Tutte le immagini sono trasmesse alla sala operativa allestita nel comando della Polizia municipale di Taranto.

Una sala operativa è anche nella Capitaneria di porto ed è inoltre attivo un collegamento con le forze dell'ordine: Polizia, Carabinieri e Guardia di Finanza. Si crea in questo modo un'interconnessione che agevola e rende più efficaci gli interventi in caso di necessità. Il sistema è attrezzato anche per archiviare le immagini. Un tipo di lavoro che può essere utile nelle indagini e nella ricostruzione della dinamica di eventuali incidenti in mare. Il Comune non esclude di ampliare il monitoraggio anche al secondo seno del Mar Piccolo. Le telecamere fisse sono Multimegapixel e termiche, non hanno bisogno di luce, possono operare di notte e in qualsiasi condizione, ovvero anche se c'è nebbia, foschia, fumo o polvere.

E' significativa la scelta di Mar Piccolo - un vero e proprio mare interno di Taranto, circondato dalle case della Città vecchia e dei rioni Porta Napoli e Tamburi - perchè qui, in passato, si sono verificati diversi sversamenti di sostanze nocive. Ma è anche accaduto che mitilicoltori abusivi abbiano cercato di prelevare, per poi metterle in vendita, le cozze prodotte dagli allevamenti ittici. A causa dell'inquinamento riscontrato, Pcb e diossine soprattutto, da tempo il primo seno di Mar Piccolo è precluso alla coltivazione dei mitili dalle autorità sanitarie, tant'è che alcuni vivai sono stati trasferiti in Mar Grande in acque non contaminate. Nel primo seno può solo avvenire la primissima parte della coltivazione delle cozze mentre la maturazione va completata in specchi di mare idonei. Questo perchè, se restassero nel primo seno, le cozze «adulte» finirebbero col filtrare e assorbire l'inquinamento esistente.

E proprio perchè si tratta di un'area critica sotto il profilo ambientale, che il disinquinamento del Mar Piccolo è uno degli interventi inseriti nelle prime azioni della bonifica dell'area esterna all'Ilva prevista dalla legge 171 del 2012. Per anni in Mar Piccolo si sono riversati gli effetti delle attività industriali, non solo Ilva, ma anche cantieristica navale e navalmeccanica con l'Arsenale della Marina Militare. Venti milioni sono ora assegnati al Mar Piccolo su un plafond complessivo di poco superiore al centinaio di milioni che serve a finanziare anche i progetti nel rione Tamburi e nell'area di Statte, vicino al capoluogo. Sul Mar Piccolo la cabina di regia guidata dal commissario Vera Corbelli, nella quale siedono anche l'Arpa Puglia e le amministrazioni locali, deve decidere che tipo di intervento fare. L'Arpa ha intanto consegnato da mesi uno studio in cui «fotografa» la situazione ambientale, ne descrive gli inquinanti e le carattteristiche, e suggerisce tre possibili soluzioni: dragaggio dei fondali con rimozione degli inquinanti, copertura degli stessi inquinanti col «capping» e bio-rigenerazione. Anni fa un altro stanziamento per il Mar Piccolo, anch'esso di una ventina di milioni, non è stato utilizzato e in seguito trasferito ad altro progetto perchè a livello locale non fu raggiunto l'accordo sulle modalità operative da seguire per il disinquinamento

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