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Questo articolo è stato pubblicato il 29 novembre 2014 alle ore 08:14.

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FIRENZE

Da quando acquisì (dall’Eni) il Nuovo Pignone di Firenze nel 1994, General Electric ha investito pesantemente nell’azienda fiorentina, moltiplicando il fatturato per cinque (da 1,2 miliardi di dollari ai 6 miliardi del 2013, con profitti per 1,4 miliardi) e gli ordini per sette (da 1 a 7 miliardi di dollari), e trasformandola nel centro d’eccellenza mondiale per la produzione di turbine a gas, compressori e pompe, cuore e traino della divisione Ge Oil&Gas. Un caso di successo (con 5.450 dipendenti in Italia) che ha superato le aspettative della stessa multinazionale americana, ora pronta a rilanciare.

«Firenze e la Toscana sono stati un vero e proprio terreno di cultura per Nuovo Pignone e per Ge Oil&Gas, ma non ci fermiamo qui», ha annunciato ieri Lorenzo Simonelli, 41 anni, presidente e ceo di Ge Oil&Gas (17 miliardi di dollari di fatturato 2013, in crescita dell’11%, 45mila dipendenti e 19,7 miliardi di dollari di ordini in portafoglio), celebrando alla Stazione Leopolda di Firenze i 20 anni dall’acquisizione del Nuovo Pignone e i 60 anni di vita dell’azienda fiorentina. «Vogliamo continuare a investire – spiega Simonelli – per far crescere ancora il Nuovo Pignone, come dimostra la nuova turbina NovaLt16, appena lanciata sul mercato, che dà avvio a un progetto totalmente realizzato in Toscana». La domanda di energia, del resto, «è in crescita nel mondo» e la strategia di General Electric è quella «di avere un portafoglio diversificato di tecnologie nel campo dell’oil e gas», tra cui quelle subsea (sfruttamento dei giacimenti sottomarini) e shale gas (estrazione del gas dalle rocce) che stanno dando una grande spinta. «Quest’anno il Nuovo Pignone ha investito 160 milioni di dollari in ricerca e sviluppo di nuovi prodotti – spiega il manager – che si aggiungono a 87 milioni di dollari investiti negli stabilimenti e più di sei milioni di dollari nella formazione dei dipendenti». Come sia stato possibile lo sviluppo del Pignone in un Paese solitamente messo all'indice per burocrazia e inefficienza, per Simonelli è chiaro: «È possibile con gli ingredienti giusti, mettendo da parte la politica e focalizzandosi sul lavoro e sul mercato. Noi qui siamo stati facilitati dal rapporto col territorio, con la Regione che ci ha aiutato, e dalla fusione che si è realizzata tra cultura e tecnologia». E se Paolo Fresco, ex supermanager Ge, ha ricordato che l’acquisizione del Nuovo Pignone fu possibile (anche) per la presenza all’interno della multinazionale di un gruppo di dirigenti italiani, Simonelli – nato a Roma, originario della Val d’Orcia (Siena), vissuto a Firenze e cresciuto in Gran Bretagna – evita il “fattore” Italia: «Chi sia alla guida ha poca importanza – sottolinea – la cosa importante è che noi continuiamo a investire in tecnologia e a migliorare le competenze del nostro personale e dei giovani». Quelle giovani generazioni che General Electric ha voluto alla mostra e ai laboratori organizzati alla Stazione Leopolda per far vedere come si estraggono gas e petrolio.

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