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Questo articolo è stato pubblicato il 02 dicembre 2014 alle ore 06:38.

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Il prefetto di Roma, Giuseppe Pecoraro, ha commissariato il Consorzio Venezia Nuova. Ieri ha inviato il decreto al Consorzio, che ha in carico il Mose (metodo sperimentale elettromeccanico) di Venezia. Sono due i commissari nominati dal prefetto: Luigi Magistro, vicedirettore dell’Agenzia delle dogane e dei monopoli del ministero dell’Economia; Francesco Ossola, ordinario di Ingegneria strutturale e geotecnica al Politecnico di Torino.

Il provvedimento, in 22 pagine, raccoglie e dà seguito alla proposta formulata dal presidente dell'Anac (autorità nazionale anticorruzione), Raffaele Cantone, il 6 novembre scorso. Per il Mose, dunque, dopo i provvedimenti di giugno dell’autorità giudiziaria – 35 arresti e un centinaio di indagati - scatta adesso la «straordinaria e temporanea gestione»: durerà «fino al definitivo collaudo dei lavori oggetto della concessione» dice il decreto. Il commissariamento è motivato, intanto, dal fatto che secondo Cantone e Pecoraro le sostituzioni dei vertici del Consorzio Venezia Nuova, dopo l’esplosione dell’inchiesta, «non sono tali da escludere il rischio di condizionamenti illeciti nell’esecuzione della concessione».

Giovanni Mazzacurati, presidente e direttore del Consorzio, è stato sostituito nel 2013 da Mauro Fabris (ex sottosegretario ai Lavori pubblici), presidente, ed Hermes Redi, direttore generale. Ma non sarebbe sufficiente: «Tali misure» si legge nel decreto «non rappresentano un’effettiva novità sul piano della governance e non eliminano, in radice, situazioni di contiguità, collegamento e possibile continuità» con le vicende e le implicazioni illecite accertate dall’indagine della procura di Venezia. Così come «resta invariato il quadro societario a cui partecipano (ancora oggi) tutte le società già coinvolte nelle indagini giudiziarie e i cui vertici sono stati raggiunti da ordinanze cautelari». Le osservazioni del prefetto e del commissario anticorruzione sono durissime: traendo spunto dagli atti di polizia giudiziaria sottolineano come «la presenza negli strumenti informatici del Consorzio Venezia Nuova di un numero rilevantissimo di atti del Magistrato delle acque è prova della indebita e illecita ingerenza del Consorzio (soggetto controllato) negli atti di gestione del soggetto controllante». Così come il quadro riferito alla «disciplina dei tempi, dei costi, delle modalità esecutive, della qualità delle opere del Mo.S.E» secondo il decreto prefettizio «è risultato costantemente condizionato dagli accordi corruttivi».

Tanto che dalle indagini è emerso «un articolato sistema di creazione di fondi extracontabili e di correlati pagamenti» così come «una reiterata attività di tipo corruttivo, posta in essere mediante dazioni di denaro a soggetti in grado di stabilire, in quanto operanti ad alto livello all’interno del ministero dell’Economia, un contatto diretto con il Cipe preposto a deliberare i finanziamenti».

Ricorda il provvedimento che secondo «il quadro ricostruito da Pravatà Roberto, vice presidente del Consorzio dal 1987 al 2008» nelle dichiarazioni rese ai magistrati inquirenti «in realtà circa l’80% degli atti formalmente redatti dal Magistrato alle Acque vengono materialmente prodotti da personale del Consorzio Venezia Nuova».

L’atto di commissariamento non trascura poi di ricordare l’accertamento della «retrocessione al Consorzio di una percentuale delle somme portate dalle fatture per operazioni in tutto o in parte inesistenti - somme versate dalle imprese consorziate al COnsorzio - e il conseguente accumulo e occultamento del provento di frodi fiscali, in conti anche esteri». Un meccanismo, quello della «retrocessione» dei fondi, che secondo Piergiorgio Baita, ex presidente della Mantovani di Padova, citato sempre nel decreto di commissariamento, si distingueva in tre forme diverse: «fabbisogno sistemico»; cioè pagamento periodico di politici locali e magistrati alle acque; «pagamento episodico ma regolare» e, infine, «emergenze». Insomma, «in relazione alla rilevata pervasività del sistema corruttivo, al complesso intreccio dei rapporti tra il Consorzio e soggetti investiti di pubbliche funzioni politico-amministrative, ad ogni livello - sottolinea il decreto - nazionale e locale, consolidatisi in diversi decenni» fino a giungere «al carattere seriale delle condotto, accompagnato dalla oggettiva gravità dei fatti» ci sono tutti i presupposti per la misura «della straordinaria e teporanea gestione dell’impresa concessionaria, Consorzio Venezia Nuova».

La complessità del Mose, tuttavia, pretende che il commissariamento non si trasformi in uno stop alle opere pubbliche in programma. Il provvedimento firmato da Giuseppe Pecoraro, infatti, prevede che i due commissari debbano garantire «forme di interlocuzione con le imprese consorziale» con un duplice scopo: la realizzazione degli obiettivi del Consorzio e degli interessi pubblici; la segnalazione di «situazioni o circostanze che potrebbero risultare pregiudizievoli alla predetta realizzazione”.

In proposito la prefettura di Roma prevede la costituzione di un “Comitato Consultivo” delle imprese consorziate. Va chiarito che l’ufficio di Roma e provincia – e non di Venezia - del ministero dell’Interno è quello competente perché è il ministero delle Infrastrutture, in sostanza la stazione appaltante, ad aver dato la concessione al Consorzio Venezia Nuova.

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