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Questo articolo è stato pubblicato il 06 dicembre 2014 alle ore 11:52.
L'ultima modifica è del 06 dicembre 2014 alle ore 13:27.

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Il rogo nello stabilimento della Thyssenkrupp di Torino avvenne nella notte tra il 5 e il 6 dicembre del 2007. A distanza di sette anni, c’è una verità giudiziaria sui fatti, tragici, che portarono alla morte di sette addetti al lavoro sulla linea 5, investiti da una nuvola di fuoco che non lasciò loro alcuno scampo. C’è il riconoscimento della colpa e delle responsabilità gravi dei vertici della multinazionale, per le carenza nelle misure di sicurezza e per i mancati investimenti sulla linea. Ma non ancora una condanna per i responsabili.

Ad aprile scorso la Cassazione ha deciso di rinviare gli atti alla Corte d’Assise d’Appello di Torino. Per quei fatti, hanno sostenuto i giudici della suprema Corte, non si può parlare di omicidio volontario con dolo eventuale, ma di omicidio colposo, escludendo, come già aveva fatto la Corte d'assise d'appello di Torino, proprio il “dolo eventuale”. Dunque le pene inflitte vanno ricalcolate in un nuovo procedimento.

«La prima udienza - dice Antonio Bocuzzi, sopravvissuto all'incendio e oggi deputato del Pd - è fissata per il 26 febbraio. Abbiamo fiducia nella Procura di Torino ma ci preoccupa il fatto che a seguire il procedimento non sarà più Raffaele Guariniello e i pm Traverso e Longo. Sette anni di processi non possono andare perduti».

Una condanna a 16 anni nel processo in primo grado per l'ex amministratore delegato della Thyssenkupp, Harald Espenhahn per il reato di omicidio con dolo eventuale e tra i 10 e i 13 anni per Gerald Priegnitz, membro del comitato esecutivo dell’azienda, Daniele Moroni, dirigente, Marco Pucci, Cosimo Cafueri, responsabile della sicurezza, Giuseppe Salerno, responsabile dello stabilimento. Una riduzione di pena in appello, il 23 febbraio del 2013, dieci anni per l’ex ad, con il riconoscimento del reato di omicidio doloso con colpa cosciente, e condanne ridotte anche per gli altri imputati.

La Cassazione ha riconosciuto dunque le responsabilità gravi da parte dei vertici della società e rimanda la questione a un’altra sezione della Corte d’appello di Torino per la ridefinizione delle pene inflitte perché tecnicamente, come recitava il dispositivo della Cassazione, sono state annullate le aggravanti per l'omissione di misure di sicurezza. La ricostruzione dei fatti che portarono alla tragedia, dicono le motivazioni della Cassazione depositate a settembre, “non è controversa”. Così come anche la descrizione delle gravi carenze in tema di manutenzione rilevate in fase di indagine e relative ai dispositivi di sicurezza della linea, che era in fase di dismissione. Le riflessioni dei giudici di Cassazione piuttosto ruotano intorno alla definizione del dolo eventuale, stabilito dai giudici in primo grado, e della colpa cosciente, sanzionata invece in appello, e sottolineano come a tal proposito la giurisprudenza sia disomogenea.

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