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Questo articolo è stato pubblicato il 13 dicembre 2014 alle ore 11:31.

Gli investimenti regionali, spesso ingenti, non sono mai mancati per il comparto agricolo della Valle d’Aosta. A partire da quelli per gli alpeggi e l’allevamento in quota. I risultati, però, sono inadeguati. Deludenti proprio per quanto concerne gli alpeggi. «Indubbiamente è più comodo - spiega Augusto Rollandin, presidente del governo regionale - tenere le mandrie nelle stalle in pianura. Ma così si vanificano gli sforzi per la tutela dell’ambiente, del paesaggio. E anche la qualità ne risente».
Perché tra una fontina d’alpeggio ed una ottenuta dal latte di vacche che restano nelle stalle, le differenze sono evidenti. Senza dimenticare il problema della mancata concimazione dei terreni in quota, o il mancato mantenimento della rete idrica nelle zone di pascolo, con conseguenti rischi di frane e smottamenti. Ma il problema è più generale e non riguarda solo allevamenti e formaggi. La Vallée è caratterizzata da oltre 3.500 aziende agricole, per una produzione complessiva che sfiora i 60 milioni di euro. Piccole aziende, soprattutto.
Alle prese con riduzione dei fondi a disposizione della Regione per aiutarle, con la fine delle quote latte che produrrà un calo del prezzo del latte. Ma alle prese, anche e soprattutto, con scelte aziendali non sempre lungimiranti. Basti pensare che, su 250 alpeggi, solo una ventina dispongono di un punto vendita per i prodotti. E la capacità di comunicazione è anche inferiore. Non basta scegliere i migliori produttori di fontine d’alpeggio, se poi non si è capaci di farle conoscere oltre i confini di Pont St.Martin.
Lo stesso problema vale per gli altri prodotti. I vini valdostani hanno visto crescere, e di molto, la qualità. Ma la produzione resta inevitabilmente limitata a causa della conformazione del territorio. Eppure anche micro produttori, come Selve Picotendro di Donnas (4mila bottiglie all’anno), porta il proprio Nebbiolo in ristoranti di alto livello fuori dalla Valle. Per troppi, invece, il confine regionale resta invalicabile. Con il rischio che la concorrenza svizzera del Vallese, caratterizzata da alcuni vitigni analoghi, arrivi a sostituire la proposta valdostana.
Non va meglio per le strategie sulla carne bovina. Apprezzata perché gustosa e diversa da quella abitualmente acquistabile nelle città italiane. Ma ci sono progetti per modificarne gusto e consistenza, in modo da renderla più simile alle altre. Invece di puntare alla valorizzazione delle diversità attraverso un’adeguata promozione. Una promozione che - a parte eccezioni positive come i prosciutti di Bosses e di Saint Marcel ed i prodotti della Bertolin di Arnad (a partire dal lardo) - resta un miraggio neppure troppo apprezzato in Valle. Dai succhi di mela alle birre, dal miele ai piccoli frutti, devono essere i consumatori a scoprire la produzione, a cercarla per poi acquistarla.
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