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Questo articolo è stato pubblicato il 16 dicembre 2014 alle ore 06:36.
L'ultima modifica è del 16 dicembre 2014 alle ore 06:51.

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MILANO

In arrivo nuovi commissariamenti per Expo. Stavolta non si parla di corruzione ma di ipotesi di collusioni mafiose, che hanno fatto scattare l’interdittiva da parte della prefettura di Milano per due aziende e tre appalti. In tutti e tre i casi si parla di opere connesse al sito espositivo, considerate prioritarie dalla società di gestione dell’evento e dalle istituzioni, in particolare dal Comune di Milano. Per questo si è scelto il commissariamento piuttosto che quella della sospensione delle imprese dai cantieri, come solitamente è stato fatto per altre società con le stesse accuse.

I provvedimenti - che dovrebbero essere tre (uno per ogni opera) - dovrebbero essere firmati oggi dal prefetto Paolo Francesco Tronca. In tutto sono 63 le interdittive della prefettura, per 44 aziende.

Il primo importante cantiere finito nel mirino è quello per la riqualificazione della Darsena, il quartiere di Milano in cui sfoceranno le cosiddette “vie d’acqua”, in fase di realizzazione. I lavori serviranno a ristrutturare il bacino idrico con zone verdi, percorsi, parcheggi e strutture per il mercato. Valore dell’asta 12 milioni (vinto con un ribasso del 30%). L’azione antimafia del prefetto è scattata nei confronti della Gimaco, azienda di Sondrio (che ha respinto ogni accusa).

Dal punto di vista operativo è praticamente impossibile sospenderla facendo subentrare un’altra azienda, quindi la soluzione migliore sia per il Comune che per la prefettura è sembrata proprio quella del commissariamento, strada già percorsa per altre due aziende, la Maltauro e la Tagliabue, relativamente agli appalti delle vie d’acqua e delle architetture di servizio (nel primo caso entrambe le aziende; nel secondo solo la Maltauro). La stazione appaltante è la società Expo.

Il secondo cantiere in odore di mafia, sempre con la Gimaco come protagonista, è quello del cosiddetto “stralcio gamma”, la bretella stradale che collegherà la Autostrada 4 con l’area di Cascina Merlata, dove sorgeranno parcheggi e strutture ricettive, da cui si potrà accedere direttamente al sito espositivo di Rho. Il valore dell’appalto è di circa 30 milioni e la stazione appaltante è la Provincia di Milano.

Il terzo è cantiere è il lotto B1 (cava di Triboniano) della strada Zara-Expo, strategica per collegare il flusso stradale cittadino proveniente da Est. Si parla di poco meno di 10 milioni. In questo caso la stazione appaltante dei lavori è il Comune di Milano e sono svolti da un’Ati con tre aziende. Nel mirino della prefettura ce n’è soltanto una.

Non è esclusa l’ipotesi di ricorsi al Tar da parte delle aziende che non si sono aggiudicate l’appalto, anche se l’esperienza passata darebbe già delle indicazioni: la soluzione individuata dal legislatore per le opere Expo, in caso di contenziosi, è quella di proseguire le opere ricorrendo ai risarcimenti.

Intanto ieri nuove perquisizioni della Gdf in alcuni uffici dell’ex sub commissario Expo Antonio Acerbo, agli arresti domiciliari da metà ottobre con l’accusa di corruzione e turbativa d’asta in relazione a presunte irregolarità nella gara “vie d’acqua Sud”. L’inchiesta, coordinata dai pm Claudio Gittardi e Antonio D’Alessio, ha portato alla necessità di ulteriori approfondimenti sul ruolo di Livio Andrea Acerbo, figlio di Antonio, indagato per riciclaggio, che secondo le ricostruzioni avrebbe intascato una consulenza da 36mila euro dalla Maltauro in cambio degli aiuti dati dal padre all’azienda in qualità di presidente della commissione. Potrebbero infatti essere più numerosi i contratti ottenuti, anche dopo il 2012.

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