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Questo articolo è stato pubblicato il 24 dicembre 2014 alle ore 06:38.

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La sfida dei Piani di rafforzamento amministrativo: lo strumento che misura la capacità delle regioni di centrare gli obiettivi

MILANO

Su più di 300 regioni europee che accedono ai fondi strutturali, solo una, da mesi, non ha ancora presentato il programma operativo del Fesr: è italiana, del Sud e nel gruppo delle “meno sviluppate”: è la Campania. Ma fino a due giorni fa era in buona compagnia: il Por della Calabria è arrivato a Bruxelles solo lunedì scorso. I programmi operativi di queste due regioni potranno essere approvati dalla Commissione solo dopo l'estate 2015, il che significa con quasi un anno di ritardo rispetto ai primi programmi approvati tra fine dicembre e inizio gennaio e con l'incognita della modifica del bilancio Ue per la quale serve l'unanimità in Consiglio.

Non tutte le regioni sono in una situazione così drammatica. Secondo gli uffici della Commissione europea entro fine anno saranno approvati 21 programmi operativi del Fondo Sociale europeo (di cui alcuni nazionali, giovedì sono stati approvati i Pon Occupazione da 1,18 miliardi e Istruzione da 1,61 miliardi ) e all'inizio di gennaio 12 programmi del Fesr, il fondo per lo sviluppo regionale che rappresenta più della metà dei finanziamenti europei destinati all'Italia.

Per quest'ultimo fondo, a gennaio «andranno in decisione i Por di Piemonte, Valle d'Aosta, Lombardia, Trento, Bolzano, Liguria, Emilia R., Toscana, Marche, Umbria, Lazio». A questi si aggiunge il Programma nazionale Cultura, di cui è responsabile il ministero dei Beni culturali. Significa che si potrà cominciare a spendere già da febbraio-marzo. C'è poi un nutrito gruppo di programmi (Veneto, Friuli-Venezia-Giulia, Puglia, Basilicata, Sicilia, Sardegna, Abruzzo, Molise) e i Pon Legalità (ex Sicurezza) Ricerca & innovazione, Imprese & competitività e Città metropolitane già presentati ma su cui Bruxelles deciderà non prima di maggio 2015, dopo cioè che Consiglio e Parlamento si saranno pronunciati sulla modifica delle prospettive finanziarie Ue per l'anno prossimo, posticipando le poste di bilancio di un anno. Ma per questa decisione serve l'unanimità in consiglio e, viste le tensioni tra stati membri e Commissione sul budget, non si può escludere che qualcuno chieda un taglio dei fondi per la coesione per le regioni che hanno dimostrato manifesta incapacità ad utilizzare le risorse europee.

Oltre alla Calabria e alla Campania, l'altra regione in grave difficoltà è la Sicilia che ha presentato il Por solo a metà dicembre e gli uffici della Dg Regio «ne stanno valutando la qualità», mentre Calabria e Campania, non lo hanno ancora fatto. Per tutte e tre il governo ha dimezzato al 25% il cofinanziamento nazionale. La decisione del governo si è intrecciata con le scadenze elettorali nelle due regioni portando ad un muro contro muro che sembra, a questo punto, la causa ultima dei ritardi. Per la Calabria c'è l'aggravante della mancata collaborazione con il governo da parte dell'ex amministrazione di centro-destra durante la reggenza di Antonella Stasi dopo la condanna e la decadenza di Giuseppe Scopelliti.

Un elemento che ha sicuramente reso il lavoro delle regioni più complesso è il Piano di rafforzamento amministrativo (Pra) che è stato imposto a tutte le amministrazioni titolari di programmi operativi, regioni e ministeri.

Il Pra «è uno degli elementi su cui si giudica la capacità delle amministrazioni di realizzare i programmi operativi di cui sono responsabili» ha ricordato Willebrord Sluijters, capo unità Italia della Dg Politiche regionali della Ue, in una lettera inviata a inizio dicembre a regioni e ministeri per fare il punto non solo sui Pra che ancora mancavano all'appello (sette a quella data) ma soprattutto sulla qualità di questi strumenti che, se ben impostati e poi messi in pratica, diventano delle vere e proprie riforme dell'amministrazione regionale, per dare alla gestione dei fondi strutturali un'impostazione project management. Il 31 dicembre scade la terza fase per definire i Pra nei quali, oltre ad indicare un responsabile del piano, bisognerà definire la strategia di miglioramento «chiara, coerente e ambiziosa rispetto al punto di partenza», «definire target quantitativi misurabili» (tempi, risparmi, quantità e qualità delle risorse umane) «sulla base delle criticità emerse» e - infine - indicare «interventi puntuali precisando i nomi dei responsabili, i tempi di realizzazione e i risultati attesi». Insomma, un lavoro ciclopico per molte regioni, «mai fatto prima», che non fa parte del DNA di larga parte della Pubblica amministrazione ma su cui governo e Ue sono alleati.

.@chigiu

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L’UTILIZZO DEI FONDI COMUNITARI

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