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Questo articolo è stato pubblicato il 27 dicembre 2014 alle ore 13:58.

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Prima la Spagna, seconda l’Italia e terza l’Irlanda. Per una volta, solo ultima la Germania... Peccato che sia una classifica da leggere al contrario. I tre Paesi sul podio, infatti, sono quelli che, tra il 2010 e il 2014, hanno registrato l’incremento più sensibile delle tariffe pubbliche: +23,7% in Spagna; +19,1% a pari merito per Italia e Irlanda. E la Germania? Soltanto +4,2%. E la Grecia, per dire, il grande malato di questi anni, avrebbe registrato appena un +6,1. La media dell’area euro è stata invece di +11,8%.

A snocciolare queste cifre è uno dei consueti rapporti settimanali della Cgia di Mestre (l’associazione degli artigiani e delle piccole imprese), il cui ufficio studi ha messo in fila i rincari per i servizi pubblici, utilizzando l’indice armonizzato dei prezzi al consumo Hicp. Secondo il segretario della Cgia, Giuseppe Bortolussi, «i rincari maggiori hanno interessato le tariffe locali. Se per quanto concerne l’acqua i prezzi praticati rimangono ancora tra i più contenuti d’Europa, gli aumenti registrati dai rifiuti sono ingiustificabili. A causa della crisi economica, negli ultimi 7 anni c’è stata una vera e propria caduta verticale dei consumi delle famiglie e delle imprese: conseguentemente è diminuita anche la quantità di rifiuti prodotta. Pertanto, con meno spazzatura da raccogliere e da smaltire, le tariffe dovevano scendere, invece, sono aumentate. Nell’ultimo anno, a seguito del passaggio dalla Tares alla Tari, gli italiani hanno pagato addirittura il 12,2% in più, contro una inflazione che è aumentata solo dello 0,3%».

Il Codacons ha calcolato, invece, quanto sono costati ai cittadini i rincari nel solo 2014.
Secondo l’associazione dei consumatori si tratta di una stangata da 324 euro a famiglia a causa dell’aumento delle tariffe nazionali e locali. «In testa alla classifica dei rincari - spiega il Codacons - troviamo i rifiuti, le cui tariffe su tutto il territorio hanno subito aumenti medi del 15% rispetto allo scorso anno, comportando un maggior esborso di circa 44 euro a nucleo familiare. Pesante anche l’incremento dell'acqua (+6%) e dei servizi sanitari (5,2%). I trasporti (urbani e ferroviari) segnano invece un incremento medio del 2,9% rispetto al 2013».

L’ufficio studi Cgia ha invece messo in fila l’evoluzione dei costi dei servizi erogati in Italia, questa volta prendendo a riferimento il lasso di tempo compreso tra il 2004 e i primi undici mesi del 2014. L’acqua potabile risulta aumentata del 79,5% in meno di dieci anni, la raccolta rifiuti del 70,8%, l’energia elettrica del 48,2%, i pedaggi autostradali del 46,5%, il gas del 42,9% e i trasporti urbani del 41,6 percento. È la stessa Cgia, però, a precisare che «per le voci acqua potabile, pedaggi autostradali e trasporti urbani - a causa dei cambiamenti nella rilevazione da parte dell’Istat (nel 2011) - le variazioni dei prezzi sono state calcolate riconducendo le voci in questione a quelle più direttamente confrontabili (rispettivamente fornitura acqua, pedaggi e parchimetri, trasporti multimodali passeggeri)». L’elenco prosegue con i taxi (+31,6%), servizi postali (+27,9%). Unica nota lieta per i consumatori, i servizi telefonici, crollati in quasi dieci anni del 15,8 percento.

Sulla dinamica delle tariffe, Bortolussi sottolinea come «gli aumenti del gas hanno sicuramente risentito del costo della materia prima e del tasso di cambio, mentre l'energia elettrica dell’andamento delle quotazioni petrolifere e dell’aumento degli oneri generali di sistema, in particolare per la copertura degli schemi di incentivazione delle fonti innovabili. I trasporti urbani, invece, sono stati condizionati dagli aumenti del costo del
carburante e quello del lavoro. Non va nemmeno dimenticato che molti rincari sono riconducibili anche al peso fiscale che grava sulle tariffe che, purtroppo, da noi tocca punte non riscontrabili nel resto d’Europa».

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