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Questo articolo è stato pubblicato il 07 gennaio 2015 alle ore 11:36.
L'ultima modifica è del 07 gennaio 2015 alle ore 12:25.

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Il dato più preoccupante, nella rilevazione sulle forze lavoro appena pubblicata dall’Istat, relativa al mese di novembre, è il secondo calo mensile, consecutivo, del numero di occupati. È la prima volta che accade da inizio 2014. A ottobre (su settembre) c’è stata una contrazione di 65mila unità (che hanno, di fatto, azzerato il bottino di posti in più creato dal governo Renzi, dovuto ai primi effetti del decreto Poletti che ha semplificato contratti a termine e, in parte, l’apprendistato). A novembre (su ottobre) , il dato di oggi, la diminuzione è di 48mila unità, e ciò porta il confronto sull’anno (rispetto cioè a novembre 2013) in negativo: in due mesi non solo si sono “bruciati” i 100mila posti di lavoro in più creati nei mesi precedenti, e invocati spesso dal premier, ma si torna in terreno negativo: -42mila occupati.

Siamo sulle montagne russe, ripetono gli economisti. Con numeri che salgono e scendono di mese in mese. Ma danno il polso di un mercato del lavoro in grandissima difficoltà, visto anche l’aumento del numero dei disoccupati (+40mila unità, sempre in un mese – oltre 260mila nel tendenziale). E il livello elevatissimo della disoccupazione giovanile, il cui tasso è tornato a sfiorare il 44%. Certo, qualche giovane in più è tornato ad attivarsi con Garanzia giovani. Ma la dimensione del fenomeno conferma il sostanziale fallimento dell’incentivo Letta-Giovannini per le assunzioni dei giovani. Dal decreto Poletti sui rapporti a termine non ci si aspettava un grande balzo in avanti del numero di rapporti attivati, ma una maggiore stabilità dei contratti a termine (cioè una durata più lunga). Ma questo aspetto non è evidenziato nei dati di oggi dell’Istat.

Il punto è che in questi mesi l’incremento dell’occupazione era dipeso essenzialmente da lavori marginali, rapporti brevi, part-time, piccole collaborazioni fatte da giovani e donne per arrotondare il bilancio familiare. Non ha mai avuto effetti sul nocciolo duro dell’occupazione/disoccupazione. Ebbene il secondo calo consecutivo degli occupati fa venir meno anche questo effetto “periferia” del mercato del lavoro: sui 48mila occupati in meno, ben 41mila sono donne. E su 40mila disoccupati in più in un mese, 34mila sono donne. Il quadro quindi è molto negativo.

La scommessa del Governo è nel nuovo contratto a tutele crescenti, che abbattendo il cuneo fiscale, dovrebbe far crescere l’occupazione, o quanto meno la stabilità dei rapporti (favorendo le trasformazioni dei rapporti a termine). Detto questo, tuttavia, c’è bisogno soprattutto di una ripresa produttiva. Se la congiuntura infatti resta in così ampia sofferenza, il mercato del lavoro non potrà riprendersi tanto facilmente (e velocemente, come forse pensava e sperava Matteo Renzi).

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