Energie rinnovabili all'insegna del salasso nelle bollette degli italiani? Non con il vento, dicono gli operatori del settore. Pronti a giurare, cifre alla mano, che gran parte della nostra energia verde potrebbe puntare proprio sulle pale eoliche. Niente addizionali capestro sulle bollette, come quella da 10 miliardi l'anno imposta dai sussidi ai pannelli fotovoltaici distribuiti con ottime intenzioni ma con palesi errori. Al contrario: il vento promette di garantire risparmi in bolletta per 2 miliardi di euro nei prossimi 6 anni, e all'intera comunità benefici superiori ai 10 miliardi di euro da qui al 2035.
Certo, negli ultimi 12 anni, da quando esistono i meccanismi di incentivazione alle energie verdi, anche l'eolico ha drenato dagli italiani la sua quota di risorse (comunque una frazione rispetto a ciò che si è speso per il solare). Ma ecco il progresso tecnologico delle installazioni, con costi di investimento ridotti ad un terzo rispetto a cinque anni fa, da 3 milioni a 1 milione di euro a megawatt. Ecco la conformazione nostro territorio, che al contrario di quanto molti sostengono, offrirebbe ottime occasioni. Ecco, quindi, la redditività economica complessiva dell'energia dal vento.
Effetto combinato
Via dunque ai nuovi incentivi. Lo spazio e la convenienza ci sono eccome. La tesi, per la verità, è di parte. Viene dall'Anev, l'associazione imprenditoriale del settore. Ma trova conforto in uno studio commissionato agli analisti indipendenti di eLeMeNS. Che fondano la loro diagnosi su una dettagliata comparazione tra il valore dei sussidi e i ritorni in termini di sviluppo creato, dalle entrate fiscali garantite dal settore e la diminuzione dei prezzi medi dell'energia sul mercato attribuibili all'energia eolica.
Dalla ricostruzione storica di tutto ciò si ricava innanzitutto l'immagine di una discriminazione: dal 2002, quando l'Italia ha cominciato a carburare il sistema di sussidi per le energie verdi, il vento ha avuto una frazione delle attenzioni rivolte al solare, poco più di un quinto degli incentivi economici. Certo, con le tecnologie finora disponibili il vento non ha restituito molto di più, in termini di benefici, rispetto al solare. Ma è comunque costato agli italiani assai di meno: 3,26 miliardi di euro in tutto, tra il 2002 e il 2013. Il futuro? Tutt'altra cosa. Tecnologia mercato potrebbero garantire consistenti regali a tutti. «Lo scenario prospettico 2014-2035 indica - si legge nello studio - una copertura del 27% del costo totale di incentivazione derivante da gettito fiscale e misure compensative locali. Considerando anche il possibile effetto di riduzione del Pun (il Prezzo unico nazionale dell'elettricità che deriva dalla Borsa elettrica, n.d.r.) si stima un beneficio netto compreso tra i 3,16 e 4,28 miliardi di euro».
Occhio alle aste
Il messaggio è netto: se il solare ha goduto di una sovraincentivazione, con un effetto di trascinamento per almeno i prossimi 15-18 anni che rende nei fatti impraticabile l'erogazione di nuovi incentivi, per l'eolico esistono consistenti margini di opportunità e di convenienza complessiva. L'appello, urgente, è per il Ministero dello sviluppo economico, che entro la fine di questo mese dovrebbe varare una nuova trance di incentivi con nuove aste, con regole affinate rispetto alla disciplina del passato. «Un obbligo dettato dagli impegni che abbiamo preso con la stessa Unione europea sul raggiungimento delle quote vincolanti per le energie rinnovabili, impossibili da raggiungere con gli strumenti di incentivazione attualmente previsti», rimarca il presidente dell'Anev, Simone Togni.
Nel pacchetto energia e ambiente condiviso con l'Unione europea è tracciato un obiettivo per l'energia eolica «di 12mila megawatt al 2020, di cui 680 di offshore, mentre l'attuale quadro normativo - rimarca lo studio commissionato dall'Anev - consente al massimo il raggiungimento di 9.770 MW circa, nell'ipotesi che tutti i vincitori delle aste dei registri 2012-2014 entrino in esercizio». Mancherebbero dunque all'appello, anche nell'ipotesi “poco plausibile” che tutti gli impianti programmati entrino in esercizio, «2.230 MW che diventano 2.914 MW considerando anche l'offshore».
I numeri dell'affare
Rischi, anche qui, di incrementare il peso dei sussidi in bolletta vanificando i benefici complessivi? Assolutamente no, rispondono all'Anev. Al contrario: i margini per creare un volano economico a ritorno positivo sono – insistono - consistenti. Con gli strumenti già in vigore (CIP6, Certificati Verdi, tariffe onnicomprensive e aste) «il costo degli incentivi all'eolico ha vistosamente frenato la crescita e raggiungerà il picco quest'anno, a poco più di 1,4 miliardi di euro, pesando sulle bollette delle famiglie meno di un quinto rispetto al fotovoltaico». E vantaggi sarebbero assicurati, insistono gli analisti di eLeMeNS. Che stimano appunto un beneficio netto del settore eolico da qui al 2035 compreso tra i tre e gli oltre 6 miliardi di euro, considerando un costo di incentivazione totale tra i 13 e i 14 miliardi a fronte di una riduzione del prezzo unico nazionale dell'energia per una cifra analoga, a cui si accompagnerebbe un gettito fiscale incrementarle di poco meno di 3 miliardi di euro. Con effetti positivi sulle bollette modesti (si parla di uno ”sconto” rispetto all'esborso totale largamente inferiore all'1%) ma che segnerebbero una netta inversione di tendenza rispetto al continuo fiorire di addizionali aggiuntive.
Solo con le nuove aste relative a 1.500 megawatt di nuova potenza eolica – aggiungono – un costo di incentivazione compreso tra uno e due milioni di euro potrebbe produrre una riduzione del Pun tra i 2,5 e 5,9 milioni di euro con un gettito fiscale incrementarle fino a oltre 300 milioni di euro e oltre 200 milioni di misure compensative. Con sconti in bolletta stimati nello studio in 2 miliardi da qui al 2021. Con un beneficio aggiuntivo netto al 2035, solo dalle nuove aste programmate, fino a 4,5 miliardi di euro per l'intera comunità.
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