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Questo articolo è stato pubblicato il 18 maggio 2015 alle ore 06:36.

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Tra i più ambiti posti di lavoro al mondo, Pirelli è riconosciuta come una delle migliori aziende talent builder dai più prestigiosi indici internazionali. Merito di una Hr policy estremamente avanzata e di una cultura della misurazione della performance, che l’ha portata a diventare il quinto player mondiale tra i produttori di pneumatici e leader nel top di gamma.

E vale la pena specificare che su trecento posizioni dirigenziali chiave nei 160 Paesi in cui l’azienda opera, il 95% è ricoperto da persone provenienti da un percorso di crescita interna.

«Va detto che tra i ruoli decisionali – afferma Christian Vasino, chief human resources officer – circa il 45-50% è occupato da italiani. E questo per capacità e merito».

Nata 140 anni fa, oggi Pirelli è un’azienda globale a tutto tondo, tanto che le politiche Hr, dal recruitment ai programmi di performance management, sono uniformi nelle sei regions.

Entrare a lavorare in Pirelli significa, di fatto, entrare in un percorso professionale senza confini geografici. «Cerchiamo soprattutto laureati in ingegneria ed economia e per trovare i migliori, usiamo due canali: uno stretto rapporto con oltre ottanta università, di cui venti in Italia, e un’efficiente social media strategy, che ci ha portato ad avere oltre 127mila follower su Linkedin, costantemente in crescita» racconta Vasino, in Pirelli dal 2014 dopo dieci anni alla guida delle risorse umane di Adecco.

Per il 2015, il piano assunzioni prevede l’entrata di 340 white collar a livello global, di cui una buona parte destinata al potenziamento della ricerca e sviluppo.

La selezione è severa. Nel 2014, su 80mila curricula ricevuti, di cui 20mila in Italia, 800 persone – 400 in Italia – sono state ammesse al processo di assessment center, che misura, grazie a tecnologie innovative, le soft skill e le competenze esperienziali dei giovani candidati.

Al termine di un lungo processo, le assunzioni global sono state di 760 white collar, di cui 60 in Italia.

«Il nostro modello di competenze, nelle aree interdisciplinari e meno tecniche dell’azienda, premia alcune soft skill da cui l’azienda non può prescindere – spiega Vasino -. Innanzitutto, la passione per il prodotto, poi un’alta propensione al problem solving e la velocità nel far seguire l’azione al pensiero, cosa che l’approccio digital proprio delle nuove generazioni facilita rispetto al passato. E, poi, la resilienza, fronte su cui invece è necessario lavorare per limitare l’abbandono veloce tipico dei nativi digitali, creando le condizioni affinché possano sviluppare una maggiore propensione a portare avanti un progetto o una scelta professionale».

Il passo successivo per un neolaureato, se si supera l’assessment e si entra nell’azienda, è il programma «Warming up», due anni di alternanza formazione-lavoro, per acquisire una preparazione interfunzionale e imparare a lavorare con moduli specifici, con tanto di project work assegnati a diversi team, con premiazione finale dei risultati e delle idee migliori, che vengono poi implementate in azienda.

L’ultima fase è forse quella più importante e quella che rivela la serietà di tutto il processo di recruitment e talent management ed è l’«Orienting lab», focalizzato a individuare la migliore posizione di lavoro per quella specifica persona. Da qui, i migliori accedono a un programma taylor made per alti potenziali.

«Per dare un’idea, nel 2014, su 170 giovani, ne abbiamo selezionati settanta provenienti da 12 Paesi, che il presidente Marco Tronchetti Provera e io abbiamo ascoltato in due ore di incontro, da cui abbiano tratto spunti e consigli per l’azienda» racconta Vasino.

Il rapporto diretto con i dipendenti, non solo gli high potential, è una delle priorità dell’azienda, che nel novembre 2013 ha avviato il progetto «My Voice», un sondaggio annuale a livello global sul clima aziendale, un canale diretto di comunicazione e ascolto con i colleghi da cui l'azienda sta traendo molte informazioni utili per migliorarsi. «Il progetto è nato in seguito alla decisione di invitare tutti i nostri 37.527 dipendenti, di cui circa 30mila operai, a compilare il questionario My Voice messo a punto con Great place to work Institute, per valutare la loro percezione su cinque aree: credibilità, rispetto, equità, orgoglio, buone relazioni nell’azienda. Abbiamo avuto una tasso di risposta altissimo, dell’81%, e in oltre 15mila hanno risposto anche alle domande aperte. Ne abbiamo tratto un book di 1.500 pagine con utilissimi suggerimenti per aumentare ulteriormente la trasparenza dei piani di carriera. E siamo pronti per la terza edizione, che partirà a novembre 2015» conclude Vasino. Una scelta di responsabilità dell’azienda, che si sposa con la cultura etica di Pirelli, certificata dal Dow Jones Sustainability World ed Europe, per l’ottavo anno consecutivo, leader mondiale di sostenibilità del settore Atx Auto Components.

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