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Questo articolo è stato pubblicato il 24 maggio 2015 alle ore 08:12.

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Dopo aver portato a 629 milioni il fatturato dello scorso anno, con una crescita del 24% rispetto al 2013, Lamborghini importa in Italia il modello tedesco di organizzazione del lavoro e di relazioni industriali. Domani gli oltre 1.170 dipendenti della casa automobilistica di Sant’Agata, nel Bolognese, uno dei grandi brand della motor valley emiliana, saranno chiamati a votare l’accordo con i sindacati che applica la “charta” della Volkswagen, la capogruppo insieme ad Audi dell’azienda dalla quale escono le auto di lusso con il marchio del Toro vendute in tutto il mondo. Maggiore flessibilità e riorganizzazione dei turni per aumentare la produttività vanno di pari passo con un aumento del 5% degli stipendi (vale a dire 88 euro al mese per un operaio di quinto livello) e un incremento dei premi di produzione che potranno arrivare fino a quota 2.500 euro all’anno.

In attesa che le due capogruppo tedesche decidano se produrre nel Bolognese o in Slovacchia il nuovo Suv Urus, l’intesa sul rinnovo del contratto aziendale fissa paletti che riguardano anche i lavoratori con contratti a tempo indeterminato e il sistema di prepensionamento. Tutto ricalcando le orme della Germania. In pratica per i dipendenti precari spariscono le vecchie graduatorie che regolavano le assunzioni a tempo indeterminato. D’ora in avanti potranno essere impiegati per un massimo di 16 mesi e, alla scadenza, in assenza di un accordo per la stabilizzazione avranno diritto ad ottenere 220 euro per ogni mese lavorato (contro i 150 previsti precedentemente), oltre a una sorta di patentino, spendibile in altre case automobilistiche, che certifica il lavoro svolto alla Lamborghini e le competenze sviluppate. Nello stabilimento di Sant’Agata dovrebbe entrare anche il modello di prepensionamento che consentirà di anticipare la fuoriuscita accumulando ore di flessibilità. Proprio la flessibilità il cardine sul quale è stato fissato l’accordo per la riorganizzazione del lavoro. Servirà, attraverso il recupero delle ore, a coprire i picchi di produzione, soprattutto in concomitanza con le esigenze dettate dal lancio sul mercato di nuovi modelli (l’anno scorso Lamborghini ha consegnato a livello mondiale 2.530 auto, con un balzo del 19%). Una soluzione che ha permesso di bypassare l’aumento di mezz’ora di lavoro in più al giorno, non previsto dall'intesa. Oltre all’incremento dello stipendio e dei premi di produzione l’azienda guidata da Stephan Winkelmann, presidente e amministratore delegato della casa emiliana, si è impegnata ad abbandonare gradualmente il sistema degli appalti e a cercare l’accordo con i sindacati anche per le condizioni di lavoro delle aziende che operano per Lamborghini. «In questo modo – spiega il direttore delle risorse umane della casa automobilistica, Umberto Tossini – miglioriamo l’attrattività dell’azienda, confermandoci all’avanguardia per le condizioni di lavoro dei nostri dipendenti ». A loro volta i sindacati parlano di una intesa altamente innovativa. «Dimostra – dice Bruno Papignani, segretario della Fiom di Bologna – che i conflitti possono essere risolti privilegiando il bilanciamento tra le giuste esigenze aziendali e quelle dei lavoratori». L’accordo introduce il diritto di consultazione e contrattazione su tutti gli aspetti che riguardano l’organizzazione, introduce il principio che i contratti a termine non potranno superare il 10% del totale dei dipendenti e migliora le condizioni per ottenere i permessi per il diritto allo studio, per usufruire delle ferie ma anche dei congedi per maternità o paternità.

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