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Questo articolo è stato pubblicato il 06 giugno 2015 alle ore 08:13.

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Alla fine ha deciso di non attendere più l’esito dell’appello contro il verdetto dei giudici inglesi che avevano detto sì alla sua estradizione in Italia. Fabio Riva, ex vice presidente del gruppo siderurgico Riva Fire che controlla l’Ilva di Taranto, ha deciso di lasciare Londra, dove si era rifugiato a dicembre del 2012 per sfuggire all’arresto, per consegnarsi all’autorità giudiziaria. Fabio Riva, accompagnato dall’Interpol, ieri pomeriggio ha preso un volo da Londra destinazione Roma dove in serata è atterrato a Fiumicino. Ad attenderlo la Guardia di Finanza che, dopo avergli notificato il provvedimento restrittivo, lo ha prelevato e trasportato a Taranto in carcere. Nella prossima settimana Fabio Riva sarà interrogato dal gip Patrizia Todisco in merito all’inchiesta “Ambiente Svenduto”.

È stato proprio il gip Todisco, dopo una prima ondata che a luglio 2012 aveva portato al sequestro degli impianti dello stabilimento e agli arresti (domiciliari) di Emilio e Nicola Riva, a firmare a novembre dello stesso anno un’ordinanza di custodia cautelare in carcere per Fabio Riva, figlio di Emilio e fratello di Nicola. L’accusa: associazione a delinquere finalizzata al disastro ambientale, all’avvelenamento delle sostanze alimentari e all’omissione dolosa di cautele nei luoghi di lavoro. In quell’occasione furono arrestati e condotti in carcere anche Girolamo Archinà, l’ex consulente Ilva addetto alle relazioni istituzionali, e l’ex direttore del siderurgico di Taranto, Luigi Capogrosso, due personaggi chiave dell’inchiesta. Fabio Riva, invece, a Milano non fu trovato. Si farà vivo ai primi di dicembre con una lettera dei suoi avvocati dicendo di trovarsi a Londra per lavoro. A dicembre 2012 il gip firmò il mandato di arresto europeo e un mese dopo, seguendo le tracce lasciate dai familiari dell’industriale, gli investigatori scoprirono il rifugio londinese di Fabio Riva. Che pagò una cauzione, ebbe il ritiro del passaporto ma restò libero. In seguito, sia la Magistratura di Taranto che quella di Milano, che indaga su una truffa allo Stato che Fabio Riva avrebbe compiuto, hanno attivato la procedura di estradizione. Dalla corte inglese sono giunti i primi via libera a febbraio 2014 per la richiesta fatta da Taranto e a maggio scorso per quella arrivata da Milano. Ma contro i due verdetti sfavorevoli, Fabio Riva aveva presentato appello e l'esito sarebbe arrivato nei prossimi mesi.

Poichè Fabio Riva non rientra in Italia per patteggiare in quanto nell’udienza preliminare di Taranto la sua posizione è stata già discussa – l’avvocato ne ha chiesto il proscioglimento –, mentre per la truffa allo Stato è già stato condannato in primo grado dal Tribunale di Milano a sei anni e sei mesi, si presume che, con la regia dei suoi legali, l’ex numero 2 di Riva Fire abbia deciso di costituirsi per provare a rompere l’assedio e a fornire ai giudici la sua versione dei fatti. Ma se Riva intende collaborare con l’autorità giudiziaria è cosa che solo l’interrogatorio davanti al gip potrà svelare. Certo è un cambio di rotta per uno che per oltre due anni e mezzo è stato all'estero, che ha tentato in tutti i modi di evitare il carcere e per il quale il suo avvocato, nel processo di Taranto, ha detto che non c'è alcun elemento che attesti che Fabio Riva fosse consapevole di inquinare.

In quasi tre anni, non solo l'inchiesta di Taranto è andata avanti e a luglio il gup Wilma Gilli deciderà sulle richieste di rinvio a giudizio della Procura (oltre a Fabio Riva, coinvolte altre 48 persone a vario titolo e 3 società come soggetti giuridici), ma anche la posizione dello stesso Fabio Riva si è aggravata. Infatti c'è anche una condanna a 6 anni per omicidio colposo per i lavoratori dell’Ilva di Taranto morti per l'amianto, mentre la Procura di Milano ha iscritto nel registro degli indagati per bancarotta fraudolenta tutti consiglieri di amministrazione dell’Ilva dal 1995 a oggi: una trentina di ex amministratori che si sono avvicendati nel cda dalla privatizzazione fino alla dichiarazione di insolvenza del Tribunale fallimentare di Milano nei mesi scorsi (3 miliardi di “buco”). Il rientro di Fabio Riva non ha alcun impatto sull’Ilva perchè i Riva dal 4 giugno 2013 sono fuori dall’azienda, pur essendone proprietari, perchè commissariata dal Governo.

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