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Questo articolo è stato pubblicato il 07 giugno 2015 alle ore 08:12.

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ROMA

È destinato a restare in bilico fino all’ultimo il varo, già la prossima settimana, del decreto Comunicazioni. Possibile la convocazione di un consiglio dei ministri nei prossimi giorni, ma non è detto che vengano sciolti in tempo gli ultimi nodi tecnici, relativi soprattutto alle coperture. Di certo martedì è in programma un incontro a Bruxelles tra una delegazione di Palazzo Chigi, guidata dal vicesegretario Raffaele Tiscar, e i rappresentanti della Dg Competition della Commissione europea. Verrà illustrata la strategia italiana per la diffusione della banda ultralarga e la cornice normativa che dovrebbe accompagnarla con il decreto legge. Non si preannuncia tuttavia un dialogo completamente in discesa.

Le ultime bozze circolate (si veda Il Sole 24 Ore del 5 giugno) contengono alcuni punti critici, sia in riferimento alla priorità che verrebbe assegnata in sede di gara per gli incentivi pubblici ad «operatori non verticalmente integrati che operano solo all’ingrosso» (non Telecom Italia, ma potenzialmente Metroweb), sia per la scelta di limitare i contributi per i clienti finali a una velocità di connessione «simmetrica superiore a 100 megabit per secondo garantita», prestazione che de facto sembra mettere in prima fila tra i sistemi tecnologici l’Ftth (fibra ottica fino alle abitazioni).

Sul primo punto, fanno notare i tecnici governativi, l’indicazione che entrerebbe nel decreto è in linea con il pensiero Ue, supportato anche da un recente parere dell’Antitrust italiano. Sulla seconda questione, può apparire legittima l’aspirazione del governo a puntare sulla tecnologia che ritiene più “future proof”. Telecom Italia e Fastweb, che stanno investendo anche su soluzioni miste fibra ottica-rame, sarebbero però pronte a dare battaglia confidando anche in un recente documento europeo.

La Relazione sulla Politica di concorrenza 2014 inviata appena tre giorni fa dalla Commissione al Parlamento e al Consiglio Ue – ricordando che negli ultimi tre anni sono stati approvati aiuti di Stato sulla banda larga per un valore di oltre 10 miliardi – sottolinea che questi «investimenti pubblici devono essere incanalati oculatamente verso le aree non servite dal mercato, per non rischiare di tagliare fuori gli investimenti privati».

«Il controllo degli aiuti di Stato - prosegue la Relazione – si legge nella relazione – deve altresì garantire il rispetto del principio della neutralità tecnologica, assicurando che la tecnologia che prevarrà non sia predeterminata dall’intervento pubblico».

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