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Questo articolo è stato pubblicato il 10 giugno 2015 alle ore 06:38.

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Trentatre punti in dieci anni. La distanza nel costo del lavoro per unità di prodotto tra Lombardia e Bayern sintetizza i nodi del Paese, la difficoltà nel tenere il passo in termini di produttività rispetto alle migliori aree d’Europa. L’analisi del mercato del lavoro a Milano e in Lombardia, realizzata da Assolombarda, Cgil Cisl e Uil, per la prima volta allarga lo sguardo alle regioni europee comparabili (Bayern, Baden Wurttemberg, Rhone-Alpes e Catalogna) mettendo in evidenza i nostri gap ma anche qualche importante punto di forza. Pur in condizioni migliori rispetto al resto d’Italia, anche la Lombardia ha pagato dazio alla crisi, con una quota di senza lavoro lievitata all’8,2%, un tasso di occupazione che arresta la caduta ma non si scosta dal 65%, una disoccupazione giovanile balzata oltre il 30%, una preoccupante crescita del numero di quanti non studiano, non lavorano e non cercano attivamente un’occupazione. «Eppure - spiega il direttore generale di Assolombarda Michele Angelo Verna - qui ci sono tutte le condizioni per invertire la rotta e tornare ad essere motore del paese: una rete di università di eccellenza capace anche di attrarre “cervelli” stranieri, professionalità di alto livello, una partecipazione femminile quali-quantitativamente elevata. Su questi punti di forza dobbiamo continuare ad investire per recuperare terreno rispetto alle altre regioni europee, vero benchmark di Milano e della Lombardia». I primi dati 2015 indicano che in regione i nuovi avviamenti al lavoro superano le cessazioni di quasi 70mila unità, anche se resta ancora insufficiente la quota di giovani, così come la velocità globale di uscita dalla crisi. «Per creare sbocchi occupazionali - spiega il segretario della Cgil di Milano Graziano Gorla - servono politiche industriali orientate a qualità e innovazione». «C’è un problema di orientamento scolastico - aggiunge il segretario della Cisl Milano-Metropoli Danilo Galvagni - e serve maggior sinergia tra formazione e lavoro». «Malgrado gli anni di crisi - commenta il segretario della Uil milanese Danilo Margaritella - Milano resta città virtuosa: innovazione e cambiamento le permetteranno prima di altri di cogliere le avvisaglie della ripresa». Ripresa quanto mai necessaria, perché le statistiche ufficiali dei senza lavoro in realtà non tengono conto del ruolo della Cassa Integrazione, che nei fatti vale un altro punto e mezzo di tasso di disoccupazione aggiuntiva. Ma il nodo, come detto, resta la competitività rispetto alle aree più avanzate d’Europa. Un gap creato da un lato dalla risalita del costo del lavoro ma soprattutto dal trend del valore aggiunto per addetto, dove il gap tra Lombardia e Bayern in dieci anni è stato pari a 30 punti. Il che chiama in causa aspetti diversi, tra cui le politiche di investimento, l’organizzazione del lavoro interna alle aziende. Ma anche il contesto in cui operano. «L’indicazione che diamo da Bruxelles - spiega Ruth Paserman, capo di gabinetto aggiunto del Commissario Ue per l’Occupazione - è quella di intervenire su infrastrutture, pubblica amministrazione, giustizia, burocrazia e semplificazione. Anche questi sono elementi chiave che influenzano la produttività».

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