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Questo articolo è stato pubblicato il 27 giugno 2015 alle ore 08:12.

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PECHINO

Nella bocca del leone. Una qualificata delegazione confindustriale ha visitato ieri il quartier generale di Alibaba ad Hangzhou, capitale della provincia dello Zheijang.

Obiettivo: trovare le premesse per un accordo di collaborazione che porti a una struttura legale ben precisa sul fronte della prevenzione del falso made in Italy ovviamente veicolato online.

Il motivo della strategia non è soltanto quello di evitare le class action Usa come quella fatta da Kering qualche mese fa o l'alzata di scudi indiscriminata di Taiwan che ormai ha chiuso le porte ad Alibaba, quanto rendere utile la collaborazione siglata tra Italia e Alibaba nell'ottobre scorso nella Great Hall of People.

Ottima cosa, peccato che i falsi online siano una minaccia per chi vuol vendere i propri prodotti. La prevenzione in Cina è ormai una strada obbligata.

Sarà un caso, ma proprio ieri, a poco più di un anno da una prima vittoria in giudizio contro un competitor scorretto, il Gruppo Ariston Thermo ha ottenuto in via definitiva il riconoscimento dello status di marchio notorio per “ARISTON” e agli imputati è stato imposto il pagamento dei danni per 2 milioni di yuan (290mila euro): avevano usato il marchio A LI SI DUN Ariston registrato in Cina e la dicitura (ovviamente, scorretta) From Italy.

Solo il marchio Ferrari, finora, aveva ottenuto tanto, si tratta del massimo della protezione accordata dal sistema cinese. Ma il caso Ariston insegna: in Cina bisogna muoversi d’anticipo.

Confindustria, Ice Shanghai e consolato commerciale hanno accompagnato ad Hangzhou nel dialogo con gli uffici legali di Alibaba i rappresentanti di Smi, Assocalzaturifici, Federlegno Arredo.

Ovvero il meglio delle categorie del made in Italy, dal design alla calzatura di qualità all'abbigliamento e agli accessori. L'idea era nata a Milano, in occasione della presentazione del rapporto Confindustria Prometeia sul Bello e ben fatto made in Italy.

In quell’occasione hanno partecipato alla presentazione i rappresentanti di Tmall, una delle due piattaforme più forti di Alibaba. E quindi si sono poste le basi per poter discutere di strategie preventive, Tmall ha assicurato una serie di accorgimenti anti infringment sui negozi virtuali, e i temi di cui si è discusso diventeranno una sorta di codice di condotta che Alibaba si impegna a rispettare.

Il gruppo di Hangzhou sa perfettamente che il rischio falsi deve essere ridotto ai minimi termini. Lotta difficile, ma non impossibile, proporzionale anche all’espansione della stessa realtà online.

D'altronde Alibaba è in pieno fermento. Tmall si sta attrezzando al lancio di 20 Padiglioni virtuali in altrettanti Paesi. Si chiama Tmall global Country Pavillions e di questi uno, ovviamente, è dedicato all’Italia. Si tratterà di una piattaforma che raccoglie informazioni sui prodotti locali di alta qualità, pacchetti turistici a scelta multipla e le informazioni culturali sul Paese che possano allettare i consumatori cinesi.

Anzi, per le aziende che ancora non hanno messo piede su Tmall il padiglione. Finora è attivo solo il coreano, Korea Pavilion (http://korea.tmall.com/), navigare e guardare per credere.

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