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Questo articolo è stato pubblicato il 15 luglio 2015 alle ore 06:36.

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Se il barometro dell’export italiano fosse tarato sull’andamento delle cosiddette “4A” (Alimentari-vini; Abbigliamento-moda; Arredo-casa; Automazione-meccanica-gomma-plastica), la lancetta sarebbe indiscutibilmente sul bello stabile. Con prospettive, volendo, anche migliori.

È uno dei messaggi di fondo emerso dall’analisi dei dati diffusi ieri a Milano nel corso di un incontro promosso dalla Fondazione Edison e dalla società Gea che hanno illustrato i risultati dell’ultimo Osservatorio Gea-Fondazione Edison.

I numeri del resto sono eloquenti. Uno su tutti: nel 2014 il surplus commerciale con l’estero di questi quattro settori alfieri del made in Italy nel mondo ha toccato un nuovo record di 128 miliardi di euro. Si va dagli 84 miliardi di automazione-meccanica-plastica-gomma, ai 25 di abbigliamento-moda-cosmetici ai 12 di arredo casa fino ai 7 di alimentari e vini. «Siamo un Paese con problemi oggettivi, che deve ritrovare la via della crescita, ma siamo anche un Paese con un racconto sbagliato», ha spiegato Marco Fortis, vicepresidente della Fondazione Edison.

Un modo per arrivare a una giusta narrazione - questo è un cavallo di battaglia di Fortis - è quello di guardare con attenzione ai dati che arrivano, in particolar modo, dai mercati esteri. E così si vedrebbe, per esempio, che tra il 2010 e il 2014 l’export italiano - esclusi i servizi - è cresciuto di 61 miliardi, toccando i 398 miliardi di euro. Nello stesso periodo, la bilancia commerciale complessiva è migliorata di quasi 73 miliardi passando da un saldo negativo di 30 miliardi a un saldo positivo di 42,9 miliardi, mentre per i manufatti la bilancia commerciale italiana ha registrato una crescita di 62 miliardi passando da 38 a 99 miliardi di euro di attivo con l’estero. «Facile dire che c’è stato un minor apporto delle importazioni. Ma poi bisogna considerare che in precedenza si potevano computare 15 miliardi di euro annui di importazioni in Italia di celle fotovoltaiche», ha spiegato Fortis mettendo invece in evidenza un altro aspetto: «I dati elaborati dall’Osservatorio Gea-Fondazione Edison evidenziano che nel 2013 su circa 5mila prodotti in cui è suddiviso il commercio mondiale, l’Italia presenta 928 prodotti in cui è prima, seconda o terza al mondo per miglior bilancia commerciale con l’estero, per un valore complessivo di 195 miliardi di dollari di surplus commerciale con l’estero».

L’incontro di ieri, nel corso del quale si è parlato di aziende che all’estero stano facendo grandi cose - Brevini (riduttori), Gentium (biotecnologie) e Spig (sistemi di raffredamento) - è stato anche l’occasione per soffermarsi sul settore alimentare. Il podio dei mercati di riferimento per il made in Italy vede la Germania, la Francia e gli Stati Uniti. «Qui - ha spiegato Luigi Consiglio, presidente di Gea - c’è un mercato estremamente vivace dove la domanda esprime l'attesa di un food più salutare. Oggi chi ritiene che il mercato Usa sia maturo si sbaglia. Le opportunità per il Made in Italy ci sono e c’è un grande spazio per tutte le aziende dell’agroalimentare che desiderano esportare e investire negli Usa».

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