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Questo articolo è stato pubblicato il 18 luglio 2015 alle ore 08:11.

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TORINO

«L’ostacolo principale all’innovazione è l’abitudine». Marco Gay, presidente dei Giovani Imprenditori di Confindustria, ama condensare i concetti in una frase che racchiude tutto.

Ma ieri, chiudendo i lavori dell’Innovation Day al Mirafiori Motor Village di Torino, i concetti che hanno colpito la platea sono stati più d’uno. Perché Gay ha parlato della necessità di passare «all’innovazione diffusa» e ha ricordato che, in tutto il mondo, i grandi poli innovativi sono nati su iniziativa pubblica.

Sostenuto, su quest’ultima idea, da Domenico Arcuri, amministratore delegato di Invitalia, che ha ricordato come si stia lavorando per trasformare l’Italia in un Paese accogliente per le start up innovative grazie ad una serie di iniziative pubbliche che non solo favoriscono la nascita delle start up, ma che ne favoriscono anche il consolidamento. Progetti che hanno già portato alla nascita di 557 start up innovative mentre altre 800 sono in fase di valutazione (e in media viene approvata 1 su 3,5).

«Da un mese - ha aggiunto Arcuri - è stato costituito un fondo che potrà acquistare equity di start up innovative, ma solo insieme ad altri investitori privati. Perché è finita l’epoca dei finanziamenti a pioggia e si punta alla responsabilizzazione dei soggetti privati».

D’altronde Gay è pienamente d’accordo su questa linea. «Non vogliamo finanziamenti per gli investimenti, ma vogliamo gli strumenti per garantire i nostri investimenti. La spesa per ricerca e sviluppo in Italia è ferma all’1,27% mentre l’obiettivo è del 3%. E allora iniziamo la battaglia per il 3%, scorporando questa quota di investimenti dalle tasse». Quanto al trasferimento di tecnologie e di innovazione, il presidente dei giovani di Confindustria ha sottolineato come si debba passare dalla situazione attuale, con le Università che trasferiscono tecnologie, ad una fase in cui le aziende innovative trasferiscano le loro competenze alle imprese che innovative non sono. E Torino, che si pone come polo di riferimento del settore, ospiterà dopo l’estate un incontro tra start up e Pmi.

«Perché - ha sottolineato Cristina Tuminatti, presidente dei Giovani imprenditori torinsei - le idee in una fase embrionale sono portatrici di valore economico e possono trasformarsi in imprese di successo, generando impatto e sviluppo sul territorio». Mentre quella che Gay definisce come “abitudine” porta - secondo Tuminatti - ad avere paura del cambiamento . Si resta fermi con la scusa che si è sempre fatto così e se i prodotti sono i migliori, non c’è motivo di cambiare. Invece, per Tuminatti, l’innovazione deve sempre essere il principale motore di competitività.

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