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Questo articolo è stato pubblicato il 29 agosto 2015 alle ore 08:13.
L'ultima modifica è del 29 agosto 2015 alle ore 08:48.

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La riforma comunitaria del settore biologico, bene che vada, vedrà la luce nel 2016. E per ora senza quelle modifiche richieste dall’Italia su eventuali prodotti contaminati (da «decertificare») e controlli più rigorosi, soprattutto per quelli in arrivo da paesi terzi. Una prima intesa di massima è stata raggiunta dal Consiglio Ue a Lussemburgo nel giugno scorso. Ma il negoziato sarà ancora lungo e in salita.

Eppure gli italiani confermano di apprezzare sempre più un’agricoltura a minore impatto ambientale, o comunque praticata con metodi che fanno meno ricorso a mezzi chimici di sintesi. E ancora di più lo confermano i consumatori, visto che la domanda di prodotti alimentari biologici nei supermercati, nel primo semestre di quest’anno sono aumentati di quasi il 20%.

Che il settore continui a tirare lo confermano innanzitutto i dati elaborati dal Sinab, il Sistema nazionale d’informazione sull’agricoltura biologica del ministero delle Politiche agricole, sulla base delle informazioni trasmesse da Organismi di controllo e Regioni relativi a tutto il 2014.

I dati definitivi saranno presentati al Sana, «Salone internazionale del biologico e del naturale» organizzato da Bologna Fiere (dal 12 al 15 settembre), ma in ogni caso saranno quasi tutti di segno «più».

Le superfici coltivate con metodo biologico l’anno scorso si sono attestate a un milione e 388mila ettari, con un aumento del 5,4% rispetto al 2013. E qui, in termini assoluti, vale sottolineare che in un anno sono stati convertiti, dall’agricoltura convenzionale a quella bio, oltre 80mila ettari.

L’incidenza di questa superficie su quella agricola totale in Italia è stata pari al 10,8%, contro il 10,1% dell’anno prima, con un incremento quindi del 6,9 per cento.

È aumentato anche il numero degli operatori (+5,8%), con 55.433 addetti certificati, di cui quasi il 77% (42.546) rappresentato da aziende agricole, poco meno del 23% (12.628) da preparatori-trasformatori e una minima parte (259, pari allo 0,5% scarso) da importatori.

Un interesse sempre maggiore è rivolto al biologico anche dagli allevatori: con il numero dei capi suini cresciuto del 15%, quello di avicoli del 14%, mentre risultano in leggera flessione i bovini.

E intanto, come si diceva, prosegue il trend di crescita dei consumi, con un incremento stimato tra il 15 e il 20% anche nei primi sei mesi di quest’anno. Una tendenza forse favorita dal leggero miglioramento del quadro economico generale e da un graduale recupero del potere di acquisto delle famiglie, ma soprattutto da una consapevolezza e una informazione più diffusa che orienta i consumatori a fare scelte più mirate.

In base ai dati definitivi Ismea-Nielsen relativi alle vendite nella Distribuzione moderna (iper e supermercati, discount e libero servizio) gli acquisti di prodotti confezionati bio già nel 2014 erano aumentati dell’11 per cento. E la gamma dell’offerta sugli scaffali si è allargata, con una crescita del 14% delle referenze trattate un po’ da tutte le catene della distribuzione.

In ogni caso, il settore registra già a monte un progressivo aumento di «osservatori» e di addetti. Non a caso, ricorda il ministro delle Politiche agricole, Maurizio Martina, gli oltre 55mila operatori impegnati complessivamente nel settore sono ora «il più grande numero in Europa». E «il biologico si conferma come una parte importante dell’agroalimentare italiano, con un fatturato che supera i tre miliardi di euro e consumi in crescita esponenziale».

«Nel primo semestre di quest’anno – sottolinea il ministro – gli acquisti di prodotti bio sono aumentati del 15%. Una realtà che non a caso abbiamo fortemente voluto valorizzare anche all’Expo di Milano, con un’area dedicata alla biodiversità che sta riscuotendo un grande successo di visitatori. Fino al 2020 in questo settore investiremo con le regioni più di 1,5 miliardi, puntando sull’abbattimento dell’impatto ambientale delle attività agricole e su modelli sostenibili».

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