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Questo articolo è stato pubblicato il 02 settembre 2015 alle ore 06:38.

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Il Consiglio di Stato ribalta una precedente sentenza del Tar del Lazio e riporta la commessa per il call center di Acea nella mani di E-Care.

Si tratta di una commessa del valore di 7 milioni per un anno rinnovabile per altri due. Nel complesso, quindi, 21 milioni di commessa - assegnata da Acea a E-Care lo scorso autunno - che erano stati messi in discussione dalla sentenza del Tar Lazio sezione II-Bis, n. 6027/2015. Il tribunale amministrativo aveva accolto il ricorso della cooperativa sociale Capodarco arrivata settima in graduatoria (con un’offerta annua di 9 milioni). Il giudice di primo grado, come si legge nella sentenza del Consiglio di Stato depositata lunedì «ha giudicato illogico il criterio di selezione del massimo ribasso, a fronte di un servizio non connotato da un’elevata standardizzazione».

Da qui il ricorso in appello di Acea, ora accolto. Soddisfazione trapela ai piani alti della utility capitolina per una sentenza che nei fatti esclude l’ipotesi del mancato rispetto delle regole da parte di Acea. Nessun commento dalla società di call center E-Care, una delle principali realtà nel panorama italiano con 56 milioni di euro di ricavi nel 2014 (in calo rispetto ai 62 dell’anno prima); 3,1 milioni di perdite nette (contro 66mila euro di utile dell’anno prima) e oltre 1.800 dipendenti (di cui 400 impiegati nella commessa Acea). Peraltro, comunque Acea ed E-Care avevano concordato una proroga di contratto di un anno (1 aprile 2015 - 31 marzo 2016) alle stesse condizioni di gara.

Chi commenta è invece il presidente uscente di Assocontact, Umberto Costamagna, critico nei confronti del principio sancito dal Consiglio di Stato. «Io - dice Costamagna - non discuto dei soggetti interessati. Quello che mi preoccupa è però il principio generale emerso dalla sentenza. E cioè che i call center non sono servizi che richiedono particolari specializzazioni e che tutto si possa giocare con il massimo ribasso. È l’esatto contrario del lavoro che stiamo portando avanti da anni, anche con i sindacati».

Il riferimento, fra le varie cose, è alla parte della sentenza in cui si legge che «tanto il servizio di call center quanto la gestione dei reclami dell’utenza costituiscono attività non implicanti contenuti tecnico-specialistici quanto all’organizzazione di mezzi e personale e ai processi produttivi». Anche per questo viene ritenuta «del tutto ragionevole l’opzione dell’ente aggiudicatore odierno appellante di attribuire rilevanza esclusiva ai fini dell’individuazione dell’appaltatore all’elemento prezzo».

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