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Dossier In Francia ricambi rigenerati per legge

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    Dossier | N. 20 articoliAuto aziendali e mobilità business: ecco tutte le nuove tendenze e le dinamiche del mercato

    In Francia ricambi rigenerati per legge

    In barba all’inerzia dei politici nella difesa dei ricambi rigenerati e, più in generale, dell’economia circolare, il ministro dell’ambiente francese, Ségolène Royal ha rotto gli indugi. Dopo l’obbligo ai supermercati della donazione ai bisognosi del cibo prossimo alla scadenza o della sua trasformazione in mangime per gli animali, ha coraggiosamente imposto con decreto ministeriale alle autofficine l’obbligatorietà di proporre ai clienti per le riparazioni l’alternativa dei ricambi rigenerati a quelli nuovi. Adesso tocca alla Ue seguirne l’esempio.

    L’attività di recupero e di ricostruzione dei componenti per auto ha origine nel 1940 in Nord America per la difficoltà di reperire ricambi e manodopera a causa del conflitto bellico. Più o meno negli stessi anni, per le stesse ragioni, l’inglese Lucas segue l’esempio americano. In Europa continentale i ricambi rigenerati arrivano nel 1947, quando la Vw ne inizia la produzione a causa della scarsità di risorse naturali nella Germania devastata dalla guerra. Altro importante pioniere in Europa della ricostruzione dei componenti meccanici è Renault che nell’impianto di Choisy-Le-Roi, ricostruisce motori completi, cambi, turbocompressori e tanto altro per la riparazione. Nel 1970 entra in campo Bosch e via via altri componentisti e produttori autonomi. Attualmente in Europa la quota di mercato di motorini e alternatori ricostruiti è la più alta del settore perché su 100 unità sostituite ben 80 sono rigenerate. La media per le altre unità di questo tipo si aggira intorno al 50%. Tra rigenerato e nuovo non c’è avvertibile differenza di qualità, prova ne sia che la durata della garanzia è biennale per entrambi con le stesse modalità. Il processo di rigenerazione prevede lo smontaggio completo, la pulizia accurata dei singoli componenti, la separazione di quelli recuperabili da quelli definitivamente usurati (da eliminare e inviare in fonderia), il ricondizionamento dei pezzi recuperabili e infine il riassemblaggio con pezzi provenienti dalla rigenerazione e l’integrazione di quelli scartati con altrettanti nuovi di fabbrica. Ultimo stadio, i test finali di efficienza (gli stessi previsti per le unità nuove). Un processo perfettamente circolare. L’unità, dopo lo smontaggio, perde la propria identità per acquisirne una del tutto nuova, a differenza di quanto avviene nella riparazione artigianale in cui l’unità conserva la propria identità e la garanzia è limitata alle parti sostituite. Dall’emergenza bellica a oggi la rigenerazione dei ricambi ne ha fatta tanta di strada, ma il problema cruciale è la reperibilità delle carcasse: la linfa vitale per alimentare l’attività. Un dato che farà felice i sostenitori del ciclo virtuoso è il risparmio annuale di energia del processo di ricostruzione dei ricambi auto, pari a 350 petroliere a pieno carico di combustibile o di 8 centrali nucleari. Altrettanto sorprendente il risparmio di materiale, equivalente al carico di un treno lungo 3mila km.

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