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Dossier Fisco e iva due «eccezioni» che pesano sulle aziende

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    Dossier | N. 59 articoli Auto aziendali, l'offerta, le formule e gli scenari di mercato

    Fisco e iva due «eccezioni» che pesano sulle aziende

    La neonata Toyota Corolla ibrida che rimpiazza la Auris e riporta in Europa un nome storico della casa nipponica
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    In Italia nel 2018 gli acquisti di autovetture delle aziende hanno costituito il 43,1% delle immatricolazioni. La percentuale corrispondente è del 63,6% in Germania, del 55,5% nel Regno Unito, del 50,1% in Francia e del 47,5 in Spagna. Le ragioni del divario tra il nostro Paese e gli altri paesi avanzati dell’Ue è ben nota: in Italia le automobili per le imprese costano di più perché la tassazione in materia è particolarmente vessatoria. Meno noto è di quanto il costo di un auto aziendale sia più per alto che per i nostri partner europei. Prendiamo una vettura del costo al netto dell’Iva di 30mila euro. Se aggiungiamo l’Iva, il prezzo al pubblico in Italia diventa di 36.600 euro, mentre in Spagna è di 36.300 euro, in Francia e Gran Bretagna è di 36.000 euro e in Germania di 35.700.

    Il prezzo al pubblico più alto è quello italiano, questo dipende dal fatto che l’aliquota Iva (22%) è la più alta tra quelle dei paesi considerati. Da questa situazione scaturisce già un’importante conseguenza che riguarda gli acquirenti privati di autovetture, cioè quelli che non dispongono di partita Iva: per loro la stessa auto in Italia costa di più che in tutti gli altri paesi dell’Unione europea. La situazione dovrebbe però essere diversa per le imprese. Per regola europea (ed anche per l’intrinseca natura del tributo) l’Iva dovrebbe essere integralmente detraibile. In Italia non è così perché il nostro Paese ha ottenuto dall’Ue una deroga che consente di limitare la detraibilità al 40% del tributo pagato. Ne consegue che il costo effettivo per le aziende di un’auto che ha un prezzo Iva esclusa di 30.000 euro è di 30.000 euro in Germania, Francia, Spagna e Regno Unito, ma in Italia è di 33.960. E non finisce qui.

    Le regole dicono che i cespiti sono integralmente ammortizzabili e quindi deducibili. Le auto aziendali sono certamente cespiti, ma in Italia il loro costo ammortizzabile è limitato a 3.615 euro. Vi sono limiti anche in Francia e Regno Unito, ma decisamente più elevati (rispettivamente 18.300 euro e 18.200 euro). In Germania e Spagna invece si applica la regola generale e quindi la deducibilità è integrale. La conseguenza è che al netto di detraibilità dell’Iva e di deducibilità dell’ammortamento, l’auto presa in considerazione costa 30.345 euro in Italia, 11.800 euro nel Regno Unito, 11.700 euro in Francia e zero in Germania e Spagna.

    È del tutto evidente che le aziende italiane siano penalizzate da questa situazione che è tra le cause della perdita di competitività del nostro Paese. E le responsabilità non sono imputabili al Governo in carica perché la persecuzione fiscale dell’auto aziendale è storia. L’esecutivo però ha una buona occasione per cominciare a ridurre le differenze di imposizione tra le nostre aziende e quelle del resto del mondo. Il 31 dicembre 2019 scade la deroga concessa dall’Ue all’Italia per la non applicazione dell’integrale detrazione dell’Iva dagli acquisti di auto. Una nuova deroga può essere richiesta entro il 1° aprile 2019. Il Governo deve evitare di chiederla e normalizzare così la situazione della detraibilità dal 1° gennaio 2020. Sarebbe un primo passo, limitato ma importante, per avvicinare agli standard europei il trattamento fiscale dell’auto aziendale italiana.

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