Distintività del brand, con un posizionamento chiaro nella fascia alta del mercato, consolidamento sui mercati esteri e sviluppo del contract. Il nuovo corso di Snaidero – gruppo specializzato nella produzione e distribuzione di cucine componibili – comincia a dare i primi frutti, dopo l’acquisizione lo scorso luglio da parte del fondo IDeA Corporate Credit Recovery II del gruppo De Agostini.
I ricavi del gruppo – che oltre al marchio Snaidero comprende anche Arthur Bonnet, Comera e Rational e occupa oltre 800 dipendenti– hanno raggiunto nel 2018 i 124 milioni di euro, contro i 114 del 2017 e l’Ebitda è tornato positivo. Le previsioni per l’anno in corso sono di un ulteriore incremento, sopra i 136 milioni.
Per quanto riguarda la crescita oltreconfine, la società friulana fondata nel 1946 da Rino Snaidero punta sul modello delle joint venture e il primo campo di sperimentazione è la Cina, con il lancio in questi giorni di Snaidero China, che farà da apripista a una nuova strategia distributiva da replicare in altri mercati chiave, come l’Australia e l’India. L’idea è affiancarsi a un partner locale molto qualificato, consolidato nella fascia alta del mercato, per favorire il posizionamento del marchio sul segmento medio-alto del mercato, in linea con il percorso avviato dal piano industriale 2018-2022.
La Cina è un mercato dal potenziale enorme, in cui Snaidero opera da diverso tempo, ma per sfruttarne appieno le opportunità, spiega l’amministratore delegato Massimo Manelli, è necessario essere presenti con una distribuzione diretta, attraverso un dealer di fascia alta. Da qui la partnership con la società Hi-Season Trading di Pechino, uno dei principali distributori cinesi di elettrodomestici importati da Italia, Germania e Francia, con l’obiettivo di aprire entro l’anno quattro flagship store (a Pechino, Shanghai, Shenzen e Chengdu) e altri 15 negozi nel 2020, attraverso sub-dealers, sotto la diretta gestione di Snaidero China. «È il momento giusto per intensificare gli investimenti in Cina – osserva Manelli –. Oltre allo sviluppo retail abbiamo in programma anche un’espansione del mercato contract. Il modello della joint venture ci sembra il più adatto per garantire un controllo diretto della distribuzione, del brand e del prezzo».
Ma il piano industriale del gruppo – presentato lo scorso luglio dopo l’acquisizione del 72% delle quote da parte del fondo IDeA CCR II (la famiglia Snaidero detiene un altro 15% del capitale, mentre il restante 13% è nelle mani di SGA) – prevede anche una ristrutturazione della distribuzione in Italia, anche qui nel segno di una maggiore distintività del brand. Snaidero è presente in 86 Paesi con 530 punti vendita e una quota export che andrà aumentando sul totale dei ricavi. Tuttavia, «L’Italia rimane il nostro principale mercato – precisa Manelli – con il 40%del fatturato per quanto riguarda il solo marchio Snaidero e il 22% per quanto riguarda i ricavi consolidati del gruppo. È una «vetrina imprescindibile anche per l’export». Entro l’anno aprirà un flagship store a Milano, nella centralissima Brera, mentre nel resto del Paese prevarrà la distribuzione tramite multimarca qualificati. L’intenzione è investire, piuttosto che sulla capillarità della rete, sulla sua distintività e capacità di trasmettere e comunicare con maggiore chiarezza, rispetto al passato, il posizionamento del marchio sulla fascia alta del mercato, puntando su elementi come design, qualità e, soprattutto, servizio. Altro canale importante da sviluppare è quello contract, soprattutto all’estero («In Italia è praticamente assente», dice Manelli), segmento che oggi vale per Snaidero il 25% circa del fatturato.
Sul piano strettamente industriale, il gruppo sta investendo nella modernizzazione dei due gli stabilimenti: quello di Majano (dove è in corso una ristrutturazione che prevede anche una razionalizzazione del personale) e quello di Nantes, in Francia, che realizzano i prodotti per tutti i mercati. Su Majano sono in corso investimenti per tre milioni di euro in tre anni, mentre 2 milioni circa sono stati investiti nell’impianto francese: in entrambi i casi con l’obiettivo di una riorganizzazione, automazione e razionalizzazione delle linee. Un percorso complesso dato che, ricorda il ceo, Snaidero produce “in casa” tutto, in un ciclo integrato che parte dalle materie prime per arrivare al prodotto finito.
«Oggi il lavoro del nuovo management è tutto concentrato sul rilancio del marchio Snaidero e il suo posizionamento – conclude l’ad –. Ma in una seconda fase siamo aperti a guardarci attorno, senza escludere una crescita per linee esterne, attraverso operazioni finalizzate però a portare valore al gruppo, e non soltanto per fare massa critica».
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