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Incotex traina Slowear: ricavi 2014 a 50 milioni

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Incotex traina Slowear: ricavi 2014 a 50 milioni

Slowear cambia pelle, almeno in parte. «Il 2014 è stato l’anno di una piccola grande svolta per la nostra azienda - spiega l’amministratore delegato Roberto Compagno -. Forti dei risultati dei nostri quattro marchi, abbiamo deciso di interrompere la produzione di pantaloni per i brand del lusso italiani e stranieri con i quali collaboravamo da anni e che sicuramente ci hanno dato e insegnato molto. Ma è arrivato il momento di concentrare tutte le energie su noi stessi, contando solo sulle nostre forze, una specie di passaggio all’età adulta, potremmo dire».

Slowear è un’azienda atipica nel panorama dell’abbigliamento di alta gamma italiano, perché i suoi quattro marchi sono tutti iperspecializzati. Incotex è il più antico e probabilmente conosciuto: dal 1951 produce solo pantaloni, da uomo e da donna. Poi ci sono Zanone per la maglieria (nato nel 1986), Glanshirt per le camicie e Montedoro per i capispalla, anche questi marchi con una lunghissima tradizione: sono stati fondati, rispettivamente, nel 1960 e 1958.

«La maggior parte del fatturato è riconducibile a Incotex ed è questo il know how che per tanti anni ci ha legati ad aziende come Ermenegildo Zegna o, all’estero, Ralph Lauren, arrivando a garantire a Slowear una trentina di milioni di fatturato - racconta Compagno -. Negli ultimi tre anni però siamo cresciuti a due cifre con tutti i nostri brand, aggiungendo 10 milioni ai ricavi già direttamente riconducibili al nostro portafoglio, così abbiamo preso la decisione di camminare unicamente sulle “quattro gambe” che abbiamo. Il 2014 si chiuderà a 50 milioni di euro e per il 2015 siamo molto ottimisti».

L’amministratore delegato dell’azienda di Mira (Venezia) ha anche deciso di accelerare sullo sviluppo retail, grazie ai risultati dei negozi a insegna Slowear aperti a partire dal 2010 e da pochi giorni è stato inaugurato il secondo punto vendita di Parigi, in Boulevard Saint Germain. «Tutte le nostre boutique si trovano in zone di charme, non nelle classiche vie del lusso: a Milano ad esempio siamo a Brera. Ma per la capitale francese, dove abbiamo sia clientela locale sia internazionale, come del resto a Milano o Londra, questa volta abbiamo scelto una location prime, anche se a suo modo insolita: prima di noi gli spazi, ai quali abbiamo fatto una corte lunghissima, erano occupati da un ristorante e abbiamo cercato di mantenere alcuni elementi che rimandano a quel passato».

Nel 2015 Slowear aprirà a New York, nel quartiere di Soho, che negli ultimi due-tre anni è diventato un polo di attrazione per i marchi di abbigliamento e accessori. «La seconda inaugurazione importante sarà, entro l’estate, a Tokyo, nel quartiere di Ginza, dove si trovano tutti i marchi del lusso, anche perché il Giappone è il nostro primo mercato, seguito da Stati Uniti ed Europa».

L’export di Slowear è arrivato al 60% e l’ad dell’azienda veneta spero di aumentarlo ancora, senza toccare i volumi in Italia, dove la clientela dei quattro marchi è molto fedele. «Abbiamo firmato un contratto in Corea per aprire, con un partner locale, cinque negozi entro quest’anno e altri 5 entro il 2017 - aggiunge -. Vorremmo inoltre far crescere i ricavi riconducibili alle collezioni da donna, che attualmente sono fermi al 20%: la ragione principale è che i negozi a insegna Slowear offrono solo le collezioni da uomo, quelle femminili sono distribuite tramite il canale wholesale, fatto da circa mille punti vendita in tutti il mondo, e presto con l’e-commerce, che partirà nel 2016».

Nelle boutique Slowear si trovano anche accessori, frutto della ricerca e del gusto di Compagno, di suo fratello Marco, che lo affianca nella conduzione dell’azienda, e dei loro collaboratori: « Se vediamo delle borse, delle cinture o delle montature, da vista o da sole, che ci piacciono davvero, possiamo pensare di venderle nei nostri negozi, ma è una strada diversa. La filosofia è chiara - prosegue Compagno -: vendere e distribuire ciò che pensiamo di saper fare molto bene e da soli, nelle nostre fabbriche in Italia o in quelle che abbiamo in Romania e Portogallo per i pantaloni, visti i volumi molto alti che facciamo. Più lontano di così non andremo mai e per la maglieria, ad esempio, garantiamo un made in Italy al 100%, mentre per i capispalla siamo al 90%».

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