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Pomellato punta sul made in Milano

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GIOIELLI

Pomellato punta sul made in Milano

Essere leader di mercato o in perenne competizione per diventarlo è sicuramente una grande sfida. «Ma anche guardare i giganti dalla giusta distanza e portare avanti una visione di medio termine per creare valore per l’azionista di riferimento (il gruppo Kering, che ha acquisito il controllo di Pomellato nel 2012, ndr), oltre che fatturato, ha i suoi vantaggi. Nel 2014 comunque abbiamo messo a segno una crescita single digit e ne siamo soddisfatti».

Andrea Morante, amministratore delegato del gruppo Pomellato, considera il 2015 un anno «molto importante», ma da affrontare con estrema calma, senza voler rincorrere i grandissimi del settore. Come Bulgari , che nel 2014 sfiorerà i 2 miliardi di fatturato e che due giorni fa, dalle pagine del Sole 24 Ore, ha annunciato di voler sorpassare Cartier come numero uno al mondo nei gioielli entro sette anni. «Proseguiremo, sia per Pomellato sia per Dodo, il lavoro sul prodotto e sulla distribuzione, ma senza stravolgere la nostra immagine né il nostro modo di lavorare, anche perché andiamo verso un periodo strategico per l’immagine di Milano e dell’Italia, grazie a Expo». Morante vuole far capire quanto forti siano le radici milanesi di Pomellato, che produce tutto, da sempre, in due laboratori cittadini, e vuole che i clienti capiscano «l’influenza che Milano ha come capitale della moda sul nostro lavoro, che resterà sempre artigianale, figlio della tradizione orafa lombarda».

Nel giorno della presentazione delle nuove collezioni – tantissime per un marchio che , secondo Luca Solca di Bnp Exane Paribas, nel 2014 aveva un fatturato di circa 170-180 milioni – Morante parla inoltre dello sforzo per continuare a essere un marchio di gioielleria prêt-à-porter (anelli e orecchini di collezioni storiche com M’ama non m’ama partono da mille euro), ampliando però l’offerta. «La grande novità è la collezione Milano, con la quale Salma Hayek ha debuttato come testimonial del marchio. Si tratta sostanzialmente di una linea “bridal” di anelli adatti a fidanzamenti o altre occasioni ritenute importanti. In questo caso l’entry price è 400 euro, ma si arriva a migliaia di euro – precisa Morante –. Salma è un bel cambiamento rispetto a Tilda Swinton, certo, però in questo momento ci sembrava il personaggio giusto per dare una spinta globale a Pomellato. Mi è capitato raramente di conoscere una persona che si senta così a suo agio in ogni situazione, in ogni Paese, durante qualsiasi conversazione».

L’export di Pomellato è attualmente al 73%: il primo mercato resta l'Italia (27% dei ricavi), seguita da Francia, Stati Uniti, Germania e Asia-Pacifico. «Per i mercati asiatici, ma non solo, continueremo a investire nella collezione di pezzi unici Pom Pom. Inoltre, abbiamo impreziosito, fin quasi a sconfinare nell’alta gioielleria, alcune collezioni e in particolare collane storiche come Tango – aggiunge l’ad della maison –. Anche gli anelli Nudo diventano, per chi lo desidera, sempre meno “nudi”... alla pietra principale abbiamo aggiunto pavé di diamanti e altre pietre preziose. I nuovi Nudo assomigliano a solitari, in un versione colorata, molto contemporanea, di questi anelli». E Dodo, il marchio giovane ancora molto sbilanciato sull’Italia, cui è riconducibile l’80% del fatturato? «L’obiettivo è continuare ad avere un’immagine di marchio fresco, giocoso, ma non “da ragazzine”. L’entry price in questo caso è 65 euro per un ciondolo-lettera ma con la componibilità si possono comprare bracciali e collane da parecchie migliaia di euro. Per Expo abbiamo pensato a una mini collezione ispirata al tema del cibo della cucina italiana. Continueremo ad aprire flagshipstore nelle grandi città, dopo il successo di quelli di Londra e Parigi».

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