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Caprai: «Cruciani è già in 40 Paesi, Expo ci porta nel mondo»

Luca Caprai è tra gli “Expo ottimisti” e vede l’evento che si è appena aperto a Milano come «un’occasione per la città e per il Paese, che è sostanzialmente fermo da 30 anni, e per tutte le imprese e i marchi italiani coinvolti».

Tra questi c’è sicuramente Cruciani, brand del cashmere nato nel 1992 e che negli ultimi cinque anni ha conosciuto un vero e proprio exploit grazie a un piccolo accessorio, il bracciale in macramé lanciato nel 2011, con un prezzo iniziale di 5 euro. Caprai ama ripetere, anche a sé stesso, che «il successo dei bracciali (23 milioni venduti nel mondo finora, ndr) avrebbe potuto travolgerci, passare, lasciarci storditi e con un futuro incerto». Non è statao così. Ai bijoux, di cui in quattro anni sono state create centinaia di versioni, con prezzi molto diversi e persino impreziosite da argento e brillanti (è il caso del co-branding con Damiani), si sono aggiunte borse, sciarpe e altri accessori, che hanno replicato il successo dei bracciali e portato a un marchio ad hoc (Cruciani C) e a due format di negozi, che si affiancano alle boutique dedicate alle collezioni di maglieria in cashmere e abbigliamento.

«Ma la soddisfazione più grande è stata vincere il bando per creare la borsa ufficiale di Expo, di cui siamo Official luxury accessories sponsor – racconta l’imprenditore umbro –. All’interno del sito abbiamo una sorta di “ambasciata Cruciani”, un negozio di 200 metri quadri in cui venderemo anche altri prodotti. Per il marchio è una vetrina unica: nel 2014 l’export è arrivato a l 70% e siamo già presenti in 40 mercati, ma ad Expo ci sono padiglioni di 157 Paesi e in alcuni di questi non ci siamo ancora affacciati. Penso all’Indonesia, ad esempio, che ha 200 milioni di abitanti ed è in fortissimo sviluppo».

Nel 2014 il fatturato consolidato del gruppo Cruciani è arrivato a 51 milioni (+35% sul 2013) e i negozi nel mondo sono 70. «Nel 2011 i ricavi erano inferiori a 20 milioni, lo sviluppo trainato dai bracciali ci ha permesso di investire in capacità produttiva, occupazione e di dare lavoro a tante persone e piccole aziende – sottolinea Caprai –. Ogni prodotto è made in Italy al 100%, come è sempre stato per l e collezioni di abbigliamento e maglieria. Sono fatti in Italia i bracciali, le borse, gli arredi dei negozi, il packaging. Credo che se ogni azienda italiana si impegnasse a sostenere, a vario titolo, la filiera in cui è inserita, questo Paese potrebbe ripartire. Arrivo a dire che forse non ci sarebbe stato neppure bisogno di Expo, che spero sarà il grande volano della ripresa».

Caprai è ottimista anche perché vede un «rinnovato impegno delle banche a sostenere le aziende sul territorio». Secondo l'imprenditore è cambiato l’approccio: «Nessuno mette in dubbio la necessità di valutare il merito creditizio di ogni impresa, ma in Italia le Pmi hanno avuto grosse difficoltà, specie negli ultimi anni. Ora però mi sembra che tutti abbiano capito quanto sia importante preservare la capacità manifatturiera dell'Italia, che deve continuare a essere la fabbrica mondiale dell'eccellenza, puntando su moda, design, nautica, tessile, enogastronomia, automotive di lusso e naturalmente turismo».

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