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Orologi

L’ad Jacot: «Dalla Cina il 65% dei ricavi Parmigiani-Fleurier. Il vero lusso non conosce crisi»

«Quando pensano che il nostro brand sia italiano ne sono fiero», spiega Jean-Marc Jacot, ad di Parmigiani Fleurier, aprendo il suo intervento al Luxury Summit 2015. Un'idea che non è poi così lontana dalla realtà, visto che Michel Parmigiani, l'orologiaio che fondò nel 1996 la manifattura a Fleurier, era uno svizzero di origine italiana. Per lui fu cruciale l'incontro con la famiglia Sandoz, proprietaria della celebre collezione di Maurice Sandoz, di cui Michel si occupò del restauro, e che tramite la sua fondazione mise il capitale per aprire la “sua” azienda. Vent'anni dopo Parmigiani Fleurier resta ancora una delle pochissime manifatture orologiere indipendenti al mondo, secondo le stime Vontobel ha ricavi per circa 150 milioni di franchi svizzeri, ha circa 600 dipendenti e produce 6mila orologi ogni anno.

«Il nostro obiettivo è produrre orologi della massima qualità possibile – ha detto Jacot - motivo per cui produciamo tutte le componenti in house, dalle rotelle ai quadranti, a differenza di altre manifatture, e che rivendiamo anche ad altre 17 aziende. Per questo possiamo dire di essere davvero e al 100% made in Swiss. Qualità ed esclusività sono le nostre parole d'ordine». Termini con cui i grandi numeri fanno fatica a conciliarsi, ma che garantiscono che il lusso sia autentico. «Si spendono molti soldi in orologi costosi ma brutti, perché per molti lusso significa ancora apparire. Noi invece cerchiamo di educare il nostro cliente, renderlo consapevole di cosa sta acquistando. Insistiamo affinché capisca che dietro il nostro brand c'è vera qualità, ma anche garanzia di rarità – prosegue -. Rolex secondo me è il massimo disponibile per tutti, noi invece siamo il massimo riservato a pochi».

Anche per questo il rafforzamento del franco svizzero non preoccupa Parmigiani: «So che nel mondo ci sono rivenditori che offrono sconti del 15% sugli orologi svizzeri, una percentuale che impatta minimamente sul nostro prezzo finale (gli orologi Parmigiani partono da 10mila franchi svizzeri, ndr), come non ha influenza sul segmento hi-end in generale», chiosa Jacot. Un'altra scelta che traduce la ricerca di esclusività di Parmigiani è che gli investimenti vengono destinati prevalentemente all'industria, più che al marketing: «Sono i nostri orologi a parlare per noi», dice Jacot. Soprattutto in Cina, che oggi assorbe il 65% delle vendite degli orologi Parmigiani-Fleurier: «La Cina è un mercato tutt'altro che in crisi, anzi, è in continua ascesa, e riesce a influenzare anche gli altri. Per esempio, nel segmento degli orologi femminili: una volta le donne europee non erano interessate alla meccanica di un segnatempo, al contrario delle cinesi. Ora, invece, come le americane, vogliono conoscere tutto del proprio orologio». E anche se un giorno il filone cinese dovese esaurirsi, ci saranno altri Paesi dove arrivare, India e Africa per primi. «Il mercato del lusso è potenzialmente immenso – aggiunge il ceo – ma non dobbiamo dimenticare di mantenere la nostra attenzione sul cliente. Il mio modello è italiano, è Ferrari, che produce 800 auto all'anno e si concentra sulla qualità delle sue auto».

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